L’Alligatore, un mix di generi tenuti insieme dal blues e dalla sua storia
L’Alligatore è una fiction tratta dai romanzi di Massimo Carlotto. Come fare ad adattare i libri per il piccolo schermo? Il regista Daniele Vicari ammette che “bisogna fare delle scelte. A questo punto io mi sono affidato alla musica”. In particolar modo al blues. “L’Alligatore ascolta solo il blues delle origini” racconta Daniele Vicari. Il mondo dell’Alligatore è come se fosse una “Louisiana triste” trasportata nella laguna (veneta) triste. “La chiave di lettura fondamentale che poi ci ha permesso di tenere insieme il western con l’hard boiled è esattamente il blues e la sua storia” svela il regista nel corso della presentazione stampa di martedì 27 novembre 2020.
L’Alligatore è una fiction con personaggi che “fluttuano”, tra sfaccettature e contraddizioni
Ne L’Alligatore i personaggi “fluttuano” stando alle parole di Daniele Vicari. “Sono molto sfaccettati e contraddittori”: il primo è l’Alligatore che non è un detective tout court. “È un uomo che non sceglie”, ma subisce – in un certo senso – l’esistenza. Vive sempre dentro una contraddizione, ma sa stare dentro questa condizione.
In realtà tutti i personaggi principali sono “sconfitti più o meno in maniera definitiva” che si mettono a servizio della storia.
Matteo Martari e il lavoro mimetico per diventare Alligatore
La parola passa a chi ha dato voce (con un perfetto dialetto veneto) e corpo proprio all’Alligatore – Matteo Martari – con un lavoro di costruzione del personaggio partito dai romanzi. Da lì prende il via quasi una “analisi del testo” e, poi, “ci siamo messi a portare in scena i personaggi da un punto di vista quasi teatrali”. È in quel momento che l’Alligatore e gli altri personaggi assumono davvero la propria identità perché “nel corpo rientra tutta la verità inespressa delle parole” secondo l’attore.
Matteo Martari e Thomas Trabacchi, alias Alligatore e Beniamino Rossini nella fiction, passano molto tempo insieme anche al di fuori del set e Martare immagina che questo “scambio di energie si veda poi anche nei personaggi”.
Thomas Trabacchi è Beniamino Rossini che fa parte di un mondo che non esiste più
A proposito di Thomas Trabacchi, interprete di Beniamino Rossini racconta che “il materiale astratto aiuta gli attori fino a un certo punto”. Si riferisce alle pagine scritte, ai libri. Sono certamente una grande fortuna ma serve un approfondimento maggiore per capire nel concreto un personaggio. Beniamino Rossini fa parte di un mondo che non esiste più, di fatto e per vestire i suoi panni c’è un lavoro di ricerca minuziosa. Rossini prende vita, poi grazie a diversi tasselli di un puzzle (dal modo di parlare al “look tarantiniano”) che si assemblano in modo anche irrazionale.
Valeria Solarino abbraccia Greta attraverso la musica
Valeria Solarino, invece, si prepara a interpretare Greta “attraverso la musica”. È un personaggio “forte, molto carismatico sul palco” e la cui gestualità colpisce per la sua essenza anche sgraziata, in un certo senso.
Padova è “il luogo dell’anima” in cui esplodono le contraddizioni dell’Alligatore

Padova è la città dove è ambientata e girata la fiction. Diventa anche, in un certo senso, un personaggio. Il regista Daniele Vicari si augura di averla trattata “con rispetto”, ma è anche la città in cui l’Alligatore “ha subito il carcere.” Per Matteo Martari questa fiction è stata l’occasione per “scoprire una città” che ha su di lui un grande fascino perchè si intrecciano molte culture.
“Padova è raccontata come una sorta di contraddizione ed è una contraddizione molto interessante – secondo me – come lo è Alligatore che è un personaggio contraddittorio, pieno di conflitti. Quindi Padova non poteva che essere il luogo dell’anima – diciamo – nel quale Alligatore fa esplodere tutte le sue contraddizioni. Alligatore trae la sua forza nella laguna e disperde le sue energie a Padova” spiega il regista.
In questi luoghi sospesi, che hanno del magico si esalta il contrasto tra la bellezza della città e il marcio nascosto agli occhi.
Com’è L’Alligatore? La recensione di Tvserial.it
Noi di Tvserial.it abbiamo il piacere di vedere la prima puntata in anteprima rispetto al debutto di mercoledì 18 novembre 2020 su RaiPlay e di mercoledì 25 novembre su Rai 2. Com’è L’Alligatore? A chi potrebbe piacere? Ecco cosa ne pensiamo.
Dietro alle indagini del protagonista che apportano un fascino thriller, L’Alligatore delinea molte altre tematiche. Dalla denuncia ambientalista alla violenza, dalla droga alla corruzione, dalla fragilità della natura alla morale: L’Alligatore è tutto questo.
L’uscita dal carcere è un nuovo inizio per Marco Buratti, detto L’Alligatore. Questo ricominciare, però, non è avulso dal peso del passato.
“I serpenti cambiano pelle ma restano velenosi”: il protagonista ne è convinto. Restiamo quello che siamo, nonostante gli eventi e nonostante quello che cambia – esteriormente – di noi. È vero sia nel bene sia nel male.
L’Alligatore non è un eroe senza macchia. È tutto il contrario. È stato in prigione, si dà all’alcol, non ha paura di invischiarsi in pericolosi giochi sul confine dell’illegalità. Eppure ha una sua etica. “Non posso andare contro quello che ho scelto di essere” rivela al suo più caro amico. Sì, c’entra con la morale perché anche uno come lui con tutti gli spigoli e le aree poco chiare del caso, sa chi è e dove vuole andare.
Gli manca Greta, la sua donna prima di entrare in carcere. Gli manca la musica che ha abbandonato. Un sogno, poi, gli ha fatto capire che in prigione sentiva un vuoto: “la nebbia”, quella nebbia che non ti fa vedere lontano e che ti avvolge è preziosa. Perché in fondo l’Alligatore pensa al qui e ora che sono già abbastanza complicati così.
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