Person of Interest 5×13 – “Return 0”
“Se mi stai ascoltando, sei solo. L’unica cosa rimasta di me è il suono della mia voce…”
Non bisognerebbe raccontare assolutamente nulla del finale di serie di Person of Interest, Return 0, per lasciare a ciascuno la possibilità di guardare senza preconcetti, di gustare le sottili connessioni che portano a compimento ciascun protagonista nell’amore, nella comunione, nella possibilità, nel sacrificio, “toccando quella magia” per cui ogni personaggio ha “trovato da solo la sua strada, (…) per prendere da noi ciò che gli occorreva”*, per uscire dallo schermo e far parte di noi.
Tutto l’episodio è impregnato da una grande riflessione sulla morte, che rappresenta il compimento inevitabile di ogni vita umana, dal momento in cui viene concepita. Difficile trovare un senso nella morte, tante ce ne sono di apparentemente inutili al mondo. Tutti i protagonisti sono stati in qualche modo colpiti, cambiati dalla perdita di qualcuno: morti che sarebbe stato facile rievocare e che invece lasciano il posto ad altre, che ci portano in un terreno inesplorato.
La Macchina, per imparare a proteggere la vita, ha dovuto iniziare la sua ricerca tra gli uomini per tentare di comprendere la morte. Dialogando con Finch, riesce solo a ricordare che ciò che ha imparato è che “ciascuno muore solo”, il resto, la parte più importante, il “segreto della vita”, non riesce a focalizzarlo.
L’ultima missione per distruggere ogni traccia di Samaritan non può che essere disperata e quindi la morte di certo ghermirà qualcuno, anche se fin quasi all’ultimo non è dato di sapere chi: tutti vengono colpiti, tutti sono sullo stesso piano per salvare il mondo o forse solo per proteggersi l’un l’altro un’ultima volta. Harold si assume il compito più gravoso perché lui ha creato la Macchina, ha imparato a dare la vita e ora deve pagare il suo debito, come Prometeo, che rubò il fuoco agli dei e fu per questo orrendamente punito.
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