Riverdale 1×12 “Anatomy of a Murder” – recensione:
Anathomy of a Murder , dodicesimo episodio di Riverdale, risponde alla domanda che aleggia sulla città fin dal primo episodio: chi ha ucciso Jason Blossom? Il titolo è quello di un film del 1959 diretto da Otto Preminger, tratto dall’omonimo romanzo di Robert Traver. Il film è costruito attorno alle indagini dell’avvocato Paul Biegler, necessarie a imbastire la difesa del suo cliente, reo confesso di omicidio.
Un richiamo esplicito a quanto stanno facendo Betty, Jughead, Veronica, Archie e Kevin, per dimostrare l’innocenza di JP, che ha ammesso, presumibilmente da innocente, l’assassinio di Jason.
La narrazione riprende i frammenti sparsi nelle puntate precedenti e li conclude, spiegando quasi tutto ciò che è rimasto in sospeso: la vera ragione per cui Polly e Jason non avrebbero mai dovuto innamorarsi, il ruolo delle Vipere nella vicenda di Jason e soprattutto nel suo tragico epilogo. I padri di Veronica, Jughead e Betty ritornano innocenti agli occhi dei loro figli, almeno fino a quando non li tradiranno di nuovo.
Già, perché sono ancora i ragazzi i veri giusti, coloro che sfidano qualsiasi pericolo per arrivare alla verità, confidando semplicemente nei rapporti che li uniscono, sfidando il deludente mondo degli adulti che si contrappone a loro, mosso da logiche disincantate e contrarie alla stessa responsabilità che il ruolo genitoriale imporrebbe.
Non sorprende quindi l’identità del colpevole, né l’ambiente in cui l’omicidio matura, anche se non ne viene svelato il movente. Nel mondo di Riverdale, in cui l’adulto utilizza costantemente l’adolescente per suoi fini, il delitto non è altro che il punto estremo a cui spingere il legame di interesse, o meglio la sua impossibilità: se non sei utile a uno scopo, o peggio, lo ostacoli, puoi anche morire.
Un quadro piuttosto oscuro, creato da personaggi che purtroppo non si spingono mai al limite di loro stessi, che accennano solamente i loro stati d’animo, e pur scoprendo le verità terribili che ricercano, non ne sono sconvolti e turbati in modo assoluto. Persino il gelo di Cheryl e l’ambiente surreale in cui vive è una caricatura dell’inquietudine che forse vorrebbe suscitare.
L’unica parziale eccezione è Jughead, il personaggio che filtra il nostro punto di vista sulla storia introducendone ogni capitolo e che finisce per diventare il centro della vicenda, riducendo gli altri, Archie in testa, a comprimari.
E’ soprattutto per lui che i suoi amici continuano a indagare, per alleviare la sua situazione di emarginato che Archie è disposto a rinunciare a riunirsi a sua madre. Jughead è al di fuori della società, non ha una casa, non ha nemmeno una famiglia dopo l’arresto del padre e il rifiuto della madre. L’unico appiglio è nell’amicizia di Archie, nell’amore di Betty (lo è almeno in potenza perché ne abbiamo solo degli accenni).
Aspettiamo quindi il finale di stagione per vedere quali nuovi misteri prenderanno forma dalle rovine delle famiglie di Riverdale, soprattutto quella dei Blossom (letteralmente bocciolo) e delle sue donne, rimaste le potenziali protagoniste dell’azione.
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Un saluto alla pagina amica: Riverdale – Italia
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