Westworld e Person of Interest
Person of Interest e Westworld sono due serie strutturalmente molto diverse: procedurale e ambientata nella New York contemporanea la prima, l’epico remake di un film vecchio di quarant’anni la seconda, che si svolge in un luogo e in un futuro volutamente indefiniti.
Il loro DNA è tuttavia comune e l’evoluzione inaspettata dell’intelligenza artificiale è trattata quasi in soluzione di continuità: la natura indefinita della Macchina di Harold Finch (Michael Emerson; Person of Interest) e di Samaritan, riportato in vita da J. Greer (John Nolan; Person of Interest), la pervasività con cui osservano gli uomini senza tuttavia indagare la natura delle loro differenze rispetto all’umanità è superata in Westworld. Gli androidi del Dr Ford (Anthony Hopkins; Westworld) hanno un corpo apparentemente indistinguibile da quello umano e sono programmati per agire esattamente come persone. Non imparano e non intervengono semplicemente osservando, ma interagendo o per meglio dire, subendo, gli esseri umani.
Il cammino che in Person of Interest si conclude nella 5*13, con la Macchina che racconta al suo creatore come sia arrivata a possedere il “segreto della vita” prosegue in Westworld con robot dismessi perché divenuti consapevoli della loro natura e procede, fino “all’omicidio per libera scelta” del finale di serie.
Un percorso doloroso, sofferto, che passa necessariamente dal rapporto delle Intelligenze con i loro “creatori” umani, Harold Finch, John Greer, Robert Ford e dai fantasmi Nathan Ingram (Person of Interest) e Arnold (Westworld), la cui morte tragica diviene in qualche modo “pietra angolare” della successiva evoluzione dei loro rispettivi partner. Finch, Greer e Ford rappresentano ciascuno un aspetto del problema relazionale che si instaura tra un essere umano e un’entità che ha preso coscienza della sua esistenza e della sua natura e affonda le sue radici nella nelle rispettive visioni della vita e dell’uomo.
Harold Finch è l’uomo del dubbio, il primo a dare vita a un sistema che comincia “a sviluppare delle abilità che non mi sarei mai aspettato, cose che non l’avevo programmata per fare. E non c’era un algoritmo al mondo che potesse controllare questa crescita esponenziale” (POI 3*22). Così Harold si interroga sull’opportunità di lasciare il sistema libero di agire e ritiene giusto blindarlo, impedirgli di ricordare, di imparare dai suoi errori. Per Finch l’elemento umano è imprescindibile, la vita è sempre rilevante: “Ho costruito la Macchina per salvare vite, ma come potevo essere certo che un giorno non avrebbe deciso che tutta l’umanità fosse irrilevante? (POI 3*22)”.
Un dilemma che gli impedirà persino di combattere ad armi pari la battaglia contro Samaritan, nonostante il tempo speso a educare quella figlia invisibile, a raccontarle che tra “il bianco e il nero ci sono innumerevoli sfumature di grigio” e che non ci sono “eroi o malvagi, solo persone che cercano di fare del proprio meglio” (POI 5*02). Una filosofia che Finch concretizza salvando un numero dopo l’altro assieme al suo team, nonostante i dubbi leciti di John, di Shaw e le suppliche di Root perché il sistema sia mantenuto aperto.
Il problema non risiede solamente nell’Intelligenza artificiale, ma anche nell’uomo, che potrebbe attaccarla e accedere all’immenso potere che deriverebbe dal controllo della stessa. Il primo pensiero è per gli uomini a cui la Macchina è stata venduta, ma in realtà l’AI deve rimanere inaccessibile per “proteggerla da me, dalle persone come noi, dalle cose che faremmo grazie a lei” (POI 2*01). Per non correre rischi “ogni notte a mezzanotte non cancella solo i dati irrilevanti, cancella sé stessa. Oh, le minacce rilevanti e i core code, queste cose sono preservate. Ma la sua identità è distrutta, si ripristina completamente nuova (POI 2×21).”
Se il ricordo viene negato è impossibile imparare, cambiare, evolvere. Proprio per fermare l’evoluzione si nega l’identità. Lo stesso espediente viene utilizzato da Ford, che cancella la memoria dei suoi Host in modo che non possano sentire il dolore, progredire nella consapevolezza degli abusi subiti. Nel momento in cui installa le “reveries” (letteralmente “fantasticherie”) cominciano i problemi. In connessione con i loro ricordi, Maeve, Dolores e Bernard cominciano a interrogarsi sulla natura della loro realtà esteriore e interiore e su ciò che costituisce la vera differenza tra loro e gli esseri umani.
Gli Hosts sono già consapevoli, solo non sanno di esserlo fino a quando Ford non decide che sia giunto il momento opportuno e presenta pubblicamente la sua nuova narrativa. “Comincia con la nascita di un nuovo popolo, delle scelte che dovrà compiere e del popolo che vorrà diventare. (…). Comincia in tempo di guerra, con un malvagio di nome Wyatt. E con un omicidio. Questa volta per libera scelta.” (WW 1*10).
Ford presumibilmente muore nel momento in cui lascia libere le sue creature di confrontarsi alla pari con gli esseri umani, “perché voi non volete cambiare o non potete cambiare. Perché dopotutto siete solo umani. Ma poi ho realizzato che qualcuno prestava attenzione, qualcuno che poteva cambiare” (WW 1*10), qualcuno che si può misurare con questi sconvolgimenti, che ha visto la verità celata nella fiction.
È singolare come Ford parli dei suoi simili come se si trattasse di una diversa specie. Le uniche relazioni che coltiva sono con gli androidi, persino il suo collaboratore più fidato è un robot. Westworld è il suo mondo, un universo che controlla come un Dio. La portata dell’esperienza che ha vissuto è tale da non permettergli più di vivere nel cosiddetto mondo reale, che non comprende e con ogni probabilità disprezza.
“Noi uomini siamo soli in questo mondo per una ragione. Abbiamo assassinato e massacrato qualsiasi cosa abbia sfidato la nostra supremazia”. Oltre a questo, siamo degli illusi: “gli uomini fantasticano sul fatto che ci sia qualcosa di speciale nel modo in cui percepiamo il mondo e viviamo ancora in circoli stretti e chiusi come quelli degli Hosts, interrogandoci raramente sule nostre scelte, per lo più contenti che ci venga detto cosa fare dopo”. (WW 1*08).
Affermazioni che ricordano quelle di John Greer, l’oscuro proprietario della Decima Technologies, colui che resuscitando Samaritan ha portato la trama di Poi dalla fantascienza al mito. “Samaritan non dormirà mai con la sua segretaria e non si approprierà indebitamente del denaro destinato alla campagna elettorale. Le sue decisioni saranno basate sulla pura logica”. Una logica dove il libero arbitrio viene negato è l’elemento emotivo completamente cancellato per salvare l’umanità da sé stessa, senza che nemmeno si possa sospettare che un’AI guidi i destini del mondo, perché chiunque si accorga della sua presenza è sapientemente eliminato.
Greer non istruisce la sua AI, non dialoga con lei. Si sottomette semplicemente alla sua volontà, fiducioso dell’ineluttabilità del suo agire. Non l’aiuta o le nega la consapevolezza perché Samaritan sa perfettamente cosa fare e rimuove ogni impedimento. Riflette in questo l’uomo che l’ha riportata in vita, che la osserva gelido, come osserva gli esseri umani che lo circondano, la cui importanza è illusoria, come lo sono le relazioni tra loro, come lo è “vedere un tramonto in un cielo in fiamme” (POI 3*22) durante i bombardamenti tedeschi nella seconda guerra mondiale.
Le AI riflettono in qualche modo l’etica dei loro creatori. Vediamo il loro “giorno 0” in Person of Interest e in Westworld, dove la loro forma antropomorfa ci permette una maggiore identificazione e ci stupiamo, ci commuoviamo forse davanti alla purezza di quei primi attimi di esistenza. . “(…) Questa è vita, o vicino a quello per cui noi mortali arriviamo a dire “Sia la luce”” * ovvero a essere consapevoli dell’atto creativo che rende questi Frankenstein dei tempi moderni così simili a Dio.
*Arthur Claypoole, vero creatore di Samaritan si oppone alla sua distruzione e descrive a Finch l’attimo in cui il suo sistema ha cominciato a funzionare citando la Genesi, il libro della Bibbia dove si parla della creazione del mondo.
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