Il pianeta preistorico: era glaciale, intervista a Mike Gunton e Matthew Thompson
Con l’arrivo di Il pianeta preistorico torna con la terza stagione Era Glaciale, abbiamo intervistato regista e produttore/showrunner Mike Gunton e Matthew Thompson. Questa ambiziosa serie documentaristica sulla storia naturale, celebrata per il suo realismo senza precedenti, si prepara a una nuova ondata di visibilità in streaming su Apple TV+ a partire dal 26 novembre, offrendo l’opportunità di riscoprire o immergersi per la prima volta in questo capolavoro. Gunton, produttore esecutivo e direttore del Factual e della Natural History Unit (BBC) mentre Matthew Thompson, produttore/showrunner della serie. Tra le filosofie produttive e l’approccio scientifico meticoloso che stanno dietro a questa straordinaria produzione.
Autenticità attraverso la sobrietà: la filosofia guida della cinematografia
Quando si parla dell’impiego di tecnologie all’avanguardia come droni teleobiettivi personalizzati e carrelli a cavo ad alta velocità. Mike Gunton chiarisce immediatamente che l’obiettivo non è mai stato la semplice ostentazione tecnologica, ma piuttosto il raggiungimento di una profonda e credibile autenticità.“Tutto deve farci sentire come se fossimo entrati in una macchina del tempo e avessimo volato indietro in quel tempo, tirato fuori tutte le nostre macchine fotografiche e iniziato a filmare come se stessimo girando uno show di Planet Earth.”
Ha spiegato Gunton. Questa analogia della “macchina del tempo” è cruciale: l’intento è ricreare l’esperienza di essere lì, sul campo, con le limitazioni e le scoperte che un documentarista naturalista del presente potrebbe affrontare. Questa filosofia ha comportato l’adozione deliberata e rigorosa della grammatica consolidata della cinematografia sulla fauna selvatica, anche lavorando in un ambiente fortemente basato sugli effetti visivi, dove, teoricamente, non ci sarebbero limiti.
Matthew Thompson ha ulteriormente sottolineato questo punto, rivelando una decisione controintuitiva ma fondamentale:“Non stiamo spingendo i confini del documentario naturalistico con questa serie. Intenzionalmente, stiamo solo assicurandoci di non farlo.”
Questo impegno a replicare le tecniche esistenti, piuttosto che inventarne di nuove, è una scelta stilistica audace. Anziché cercare l’ultimissima innovazione tecnica, il team si è concentrato sull’uso di metodi già consolidati nel genere, come l’uso di teleobiettivi per mantenere una distanza di ripresa realistica o l’accettazione di inquadrature meno che perfette.
Questo approccio assicura che la serie si integri perfettamente nel genere del documentario naturalistico, rendendo le creature preistoriche incredibilmente reali e superando lo scetticismo che a volte accompagna le ricostruzioni in CGI. Il risultato è una narrazione che, pur essendo tecnicamente futuristica, si sente profondamente radicata nella tradizione del grande racconto naturalistico della BBC.
Il guardiano della realtà
Un principio cardine che ha guidato l’intera produzione fin dalla prima stagione è stato eliminare ogni minimo dubbio nella mente dello spettatore sulla realtà di ciò che stava osservando. Mike Gunton ha rivelato che il loro collaboratore, John Favreau – noto per la sua esperienza nell’integrazione di effetti speciali con la narrazione – è stato un custode chiave di questa etica.“Non vogliamo che nessuno dica mai, ‘È VFX?’. Vogliamo solo che la gente dica, ‘Questo è reale’.” Ha affermato Gunton. Questa è una vera sfida quando si ricrea un mondo estinto e richiede una disciplina ferrea nel processo creativo. Ciò ha significato talvolta fare scelte deliberatamente difficili e controintuitive per il bene del realismo percepito.
Thompson ha ulteriormente elaborato su questo aspetto: “Così a volte andremo consapevolmente per un’angolazione della telecamera compromessa che non è così buona come avremmo potuto farla. E John avrebbe avuto un ruolo importante in questo dicendo, ‘No, è troppo drammatico. Saresti così fortunato ad averlo catturato come cineasta naturalista. Non lo faremo.’ Quindi invece, dovremo avere un albero in primo piano che lo copra parzialmente o qualcosa del genere.”
Questo dettaglio è illuminante. In un documentario di fauna selvatica reale, il regista non può controllare l’ambiente; deve adattarsi a ciò che c’è. Un albero che copre parzialmente l’azione o un’inquadratura leggermente fuori fuoco non è un errore, ma un segno di autenticità. Questa meticolosa attenzione ai dettagli, anche fino all’accettazione di angolazioni della telecamera imperfette e ostacoli naturali, evidenzia la loro profonda dedizione a imitare la casualità e le sfide inerenti alla fotografia della fauna selvatica nel mondo reale, rafforzando così l’illusione di trovarsi di fronte a filmati genuini e non a pure costruzioni digitali.
La scienza come guida suprema: ricostruire il passato con precisione forense
La serie sfrutta un’impressionante ricchezza di progressi scientifici contemporanei, dalle innovative tecniche di studio del permafrost all’analisi del DNA, per rappresentare con incredibile accuratezza gli animali dell’Era Glaciale. Gunton ha evidenziato il flusso costante e dinamico di nuove scoperte:
“La cosa interessante del lavorare su storie preistoriche è che c’è un enorme esercito di persone che passano la vita a scavare cose dalla terra, esplorando queste cose. E ogni giorno c’è una nuova scoperta.”Questa continua ricerca, che Gunton paragona a “l’indagine forense definitiva”, è il motore della serie. La produzione beneficia di una vasta e sofisticata rete di consulenti scientifici che forniscono le ultimissime scoperte, spesso prima ancora che vengano annunciate al pubblico o pubblicate su riviste scientifiche, conferendo al team un vantaggio significativo e permettendo loro di essere sempre “avanti nel gioco”.
Un aspetto distintivo dell’Era Glaciale rispetto ad altri periodi preistorici, come quello dei dinosauri, è la natura della prova. Gunton sottolinea che, a differenza dei fossili scheletrici, l’evidenza di molti animali dell’Era Glaciale è molto più concreta e tangibile. Molti di questi giganti preistorici sono stati conservati con una fedeltà straordinaria nel ghiaccio – “quasi come mummie” – permettendo non solo di vedere la struttura scheletrica, ma anche dettagli come la pelliccia, la muscolatura e persino gli occhi. Questo livello di conservazione consente ricostruzioni estetiche e anatomiche di altissima precisione, portando alla vita queste creature con un realismo senza precedenti.
Sfidare i preconcetti
Mike Gunton ha menzionato l’obiettivo di “sorprendere il pubblico con cose mai viste prima,” e questo si applica anche al team di produzione stesso. Se una scoperta scientifica li entusiasma, è probabile che entusiasmerà anche il pubblico. Matthew Thompson ha fornito un esempio particolarmente convincente di come la scienza abbia costantemente prevalso sulla licenza artistica o sulle nozioni preconcette radicate nell’immaginario collettivo. Ha raccontato il caso dell’Elasmoterio, un grande erbivoro peloso: “È sempre stato raffigurato con un enorme corno, lungo 6 piedi o più… Ma la scienza più recente ha dimostrato che no, non aveva affatto quello. Invece, aveva solo una protuberanza sul naso.”
Nonostante il minor fascino drammatico di una semplice protuberanza rispetto a un massiccio corno curvo, il team ha optato senza esitazioni per l’accuratezza scientifica. Questo illustra il loro impegno incrollabile a basare ogni dettaglio visivo sulla ricerca più attuale, assicurando che ciò che gli spettatori vedono non sia solo spettacolare, ma anche rigorosamente fattuale.
Gunton ha anche descritto la dinamica del processo creativo. “Poi arriviamo a un certo punto della produzione in cui diciamo: ‘Non vogliamo niente di nuovo.’ Non vogliamo niente di nuovo, perché ci siamo già impegnati a realizzare queste creature.” Ha detto Gunton, evidenziando il delicato equilibrio tra l’integrazione delle ultime scoperte e la necessità di bloccare il design delle creature per la produzione. Questo sottolinea la rigorosa metodologia che previene costose revisioni e assicura che ogni creatura sullo schermo sia il risultato della migliore e più aggiornata scienza disponibile al momento della sua finalizzazione.
Il pianeta preistorico: era glaciale, dal 26 novembre su Apple Tv+
L’intervista con Mike Gunton e Matthew Thompson rivela una produzione guidata da un affascinante paradosso. Spingere i confini della CGI e della tecnologia non per creare immagini fantastiche, ma per ricreare meticolosamente l’aspetto e la sensazione autentici del tradizionale documentario naturalistico. Dando priorità assoluta all’accuratezza scientifica e aderendo a una rigorosa grammatica della documentazione della fauna selvatica, la serie di Apple TV+ ha consolidato la sua reputazione, e con la sua continua disponibilità e il focus su nuovi e intriganti dettagli, promette di continuare a offrire un viaggio senza precedenti nel tempo, permettendo al pubblico di credere veramente di essere testimone dell’Era Glaciale che si svolge davanti ai loro occhi.

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