Intervista a Charlie Shackleton per Zodiac Killer Project al Edinburgh International Film Festival 2025
Durante l’Edinburgh International Film Festival 2025, abbiamo avuto modo di incontrare per un’intervista Charlie Shackleton, regista britannico noto per il suo approccio innovativo e riflessivo al cinema documentaristico. Fin dal suo debutto, Shackleton ha realizzato film come Beyond Clueless, Fear Itself e il provocatorio Paint Drying, opere che sfidano le convenzioni del genere attraverso sperimentazioni e temi di forte impegno sociale. Artista multimediale e critico di lungo corso, ha sempre cercato di indagare le tensioni tra forma, contenuto e etica nel racconto cinematografico. Con il suo ultimo lavoro, Zodiac Killer Project, ha ancora una volta dimostrato la sua capacità di creare narrazioni che invitano allo sguardo critico.

Un percorso tra critica, sperimentazione e impegno sociale
Charlie Shackleton è una figura poliedrica: filmcritico, artista multimediale e regista. Ha iniziato già a sedici anni con il blog Ultra Culture, diventando colonna portante della critica cinematografica inglese. Collaboratore regolare di Sight & Sound e con una lunga esperienza nel settore, Shackleton ha sempre messo in discussione i modelli narrativi del cinema, sperimentando con forme alternative e tematiche sociali. La sua carriera si distingue per il costante desiderio di innovare e di affrontare questioni di attualità attraverso opere che sfidano lo spettatore a riflettere.
Genesi e idee alla base di Zodiac Killer Project
L’intervista si è aperta con un approfondimento sulla genesi del suo nuovo film. Shackleton ha raccontato come, dopo anni di tentativi di realizzare un documentario sul famigerato Killer dello Zodiaco, si sia trovato a dover reinventare il progetto a causa del fallimento delle trattative sui diritti di un libro che desiderava adattare. “Mi sono immerso nell’idea di un film che non avrebbe mai potuto essere realizzato, e da lì è nata questa operazione di riflessione su cosa significa creare una narrazione su un soggetto irraggiungibile,” spiega. La sua opera si propone così come un’autentica messa in crisi delle modalità tradizionali di narrazione di un caso di cronaca vera, creando un ponte tra il vero e il possibile.
La sfida di raccontare l’inesistente
Shackleton ha poi chiarito come abbia strutturato Zodiac Killer Project utilizzando le assenze e i vuoti come strumenti espressivi. “Gestire questa mancanza di materiale è stato come comporre un puzzle senza tutte le tessere,” ha affermato, “ho dovuto pensare a come mantenere vivo il ritmo e l’interesse, anche con solo ipotesi e suggestioni.” Questo approccio ha portato a un’opera che si muove tra suspense, umorismo e riflessione, suggerendo che spesso sono le mancanze a stimolare la fantasia e l’engagement dello spettatore.
Tra denuncia e riflessività sul genere
Parlando di come il suo lavoro contribuisca a una riflessione più critica sul genere del true crime, Shackleton ha evidenziato di aver voluto portare l’attenzione sul meccanismo commerciale e sulla spettacolarizzazione di questi casi. “Il cinema di questo tipo spesso si limita a mostrare immagini cruente o a trovare una complicità nel voyeurismo,” ha detto. “Io volevo invertire questa dinamica, portando alla luce le contraddizioni e le logiche di mercato dietro il filone, con ironia e lucidità.” La sua opera invita quindi a una comprensione più matura e consapevole di un fenomeno che, troppo spesso, si riduce a voyeurismo.
Il valore della visione critica e gli interessi futuri
Shackleton ha condiviso alcune delle sue influenze artistiche, citando cineasti come James Benning, John Smith e Deborah Stratman, e ha parlato delle sue future ambizioni: “Shackleton considera il mio lavoro è una sorta di omaggio al paesaggio e alle strutture formali del cinema, usando il cinema come strumento di meditazione e critica.” Ha concluso dicendo di essere aperto a nuove sfide, ma con la consapevolezza che il suo percorso continuerà a esplorare i limiti e le possibilità del cinema documentario e sperimentale.
Il fascino del caso irrisolto come specchio del nostro tempo
Un punto chiave della chiacchierata è stata la riflessione sulla natura del caso Zodiac come simbolo di mistero irrisolto e di lente d’ingrandimento sulla nostra ossessione collettiva per il mistero e la verità assoluta. Shackleton ha osservato come il caso del serial killer rappresenti una sfida perpetua: “Zodiac è un enigma che brucia ancora nelle menti di tutti, e in qualche modo il suo mistero riflette la nostra inclinazione a cercare risposte definitive in un mondo complesso e spesso incomprensibile.” Attraverso la sua opera, il regista invita gli spettatori a riflettere sulla interpretazione delle fonti, sui limiti dell’indagine e sulla stessa natura del racconto di verità, che spesso si rivela più sfocata di quanto desideriamo ammettere.
Una lettera aperta al futuro del cinema documentaristico
Un’altra interessante parte della conversazione si è concentrata sul ruolo del suo approccio sperimentale nel futuro del documentario. Shackleton ha condiviso che il suo lavoro mira a spingere il mezzo oltre i suoi confini tradizionali, integrando metodi come l’ironia, l’auto-riflessione e l’uso consapevole delle lacune narrative. “In un’epoca in cui il vero spesso si confonde con il falso, credo che il documentario debba diventare anche un esercizio di critica interna, un modo per mettere in discussione le proprie scelte e le aspettative del pubblico,” ha spiegato. La sua poesia visiva e la sua narrazione frammentaria rappresentano un tentativo di evoluzione del linguaggio documentaristico, che si apre a nuove forme di comprensione e partecipazione.
Quando la creatività incontra la censura e il caso di “Paint drying”
Nel discutere delle sue opere passate, Shackleton ha menzionato anche il suo film Paint Drying, una protesta contro i limiti imposti dalla censura e dai sistemi di classificazione dei film, fatta attraverso la ripresa di 607 minuti di vernice che si asciuga. “Volevo mostrare che anche il contenuto più banale può essere arte e provocazione,” ha detto, “e sono interessato a come le regole e le restrizioni vengono usate per controllare cosa può o non può essere mostrato, anche quando ciò che si presenta è l’azione più semplice.” Questa dichiarazione riassume il suo approccio come artista: un continuo tentativo di sovvertire le aspettative e di mettere in discussione i limiti imposti dall’industria e dalla società.
L’ispirazione e le passioni artistiche
Per concludere, Shackleton ha condiviso alcune delle sue ispirazioni più profonde e dei suoi interessi artistici. Ha menzionato il cinema di autori avant-garde come James Benning, John Smith e Deborah Stratman, che hanno influenzato la sua visione del paesaggio e della forma. “Questi registi usano lo spazio e il ritmo per creare meditazioni visive,” ha spiegato, “e ho cercato di portare questa sensibilità anche nel mio lavoro su Zodiac. È un omaggio, un modo di trasformare la narrazione in contemplazione.” Anche se il suo stile è spesso volutamente distaccato e meditativo, l’obiettivo diretto è invitare lo spettatore a una riflessione più profonda sulla natura dell’immagine e del racconto.
L’eco di un’arte critica e coraggiosa
Zodiac Killer Project rappresenta un passo ulteriore nel percorso di Charlie Shackleton, un artista che non si accontenta di raccontare storie semplici, ma le reinventa attraverso approcci che sfidano e coinvolgono il pubblico. La sua capacità di usare il vuoto, l’ironia e la riflessività mostra come il cinema possa essere anche un mezzo di critica sociale e artistica, capace di aprire nuove strade e di mettere in discussione i confini tra finzione e realtà. È questa volontà di innovare, di interrogare e di sperimentare che fa di Shackleton uno dei registi più interessanti e stimolanti del panorama contemporaneo.
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