La poetica di Obscura: Sina Östlund si racconta alla Maison du Diable
Sina Östlund è una fotografa di fama internazionale, attiva nei mondi intrecciati della moda e del cinema, nota per aver collaborato con i più prestigiosi magazine tra cui Vogue, Harper’s Bazaar, L’Officiel e Grazia. Il suo percorso artistico si distingue per un linguaggio visivo denso di riferimenti che abbraccia la modernità e l’eclettismo: la pop art, il surrealismo, e un classicismo che si ritrova soprattutto nei ritratti in bianco e nero, con richiami a maestri come Peter Lindbergh. Ogni suo scatto celebra la diversità, la sorpresa e una sensualità anticonformista, espressione di una costante reinvenzione personale e artistica. Così, nelle sue fotografie, coesistono rigore nordico e una passione mediterranea ispirata dalla luce della sua amata Maiorca.
La mostra “Obscura” alla Maison du Diable: un debutto speciale
L’intervista con Sina Östlund si è svolta negli spazi suggestivi della Maison du Diable di Sion/Sitten, un luogo denso di storia e d’atmosfera, in occasione della presentazione mondiale di “Obscura”, la sua prima grande mostra personale, aperta dal 5 ottobre al 31 dicembre 2025. L’iniziativa, inserita nel programma culturale della Fondazione Fellini e celebrata nell’ambito del 20° anniversario della Convenzione UNESCO sulla diversità culturale, prende così vita in un contesto d’eccezione. “Quando ho ricevuto la proposta dalla Fondazione Fellini, per me è stato subito naturale accettare. Sono una grande ammiratrice di Fellini, e sentivo che questo era il luogo perfetto per la mia prima vera mostra”, confida Sina durante l’intervista. Il vernissage ha visto la presenza anche del marito, il celebre regista Ruben Östlund, più volte premiato a Cannes, che sarà protagonista della terza retrospettiva del programma 2025 della Fondazione. Una doppia celebrazione dell’arte visiva, capace di aprirsi ad un pubblico internazionale.
Il significato di “Obscura”: tra camera oscura e mistero
Il titolo “Obscura” è ricco di rimandi: allude alla fotografia delle origini, alla camera oscura, ma anche ad un’atmosfera poetica, sospesa tra realtà e immaginario. “Obscura è un riferimento sia tecnico sia poetico. Le immagini che ho selezionato, dopo un lungo lavoro di oltre tre mesi, sono per me quelle più significative degli ultimi dieci anni. Non si tratta di fotografie di moda puramente commerciali: hanno qualcosa in più, una storia che pulsa sotto la superficie, che va oltre il semplice compito di vendere abiti”. Per Sina, la scelta delle immagini è stata profondamente personale e meditata: “Obscura richiama anche il mistero, qualcosa di oscuro e affascinante. E come nei film di Fellini, dietro ogni foto si celano tanti strati ed enigmi”.
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Le influenze e il processo creativo di Sina Ostlund
Il percorso creativo di Sina si nutre di influenze importanti, dai grandi della fotografia come Man Ray, Irving Penn e Peter Lindbergh fino ai maestri incontrati nella sua formazione. “Come studente impari a conoscere tutti i grandi fotografi, e le loro immagini restano dentro di te. Ma la vera difficoltà è trovare una voce autentica, senza cedere all’imitazione. Ogni volta che scatto mi ricordo le parole dei miei insegnanti: ‘Non devi copiare, devi trovare il tuo linguaggio”. E aggiunge: “Non si può mai davvero replicare una fotografia: ogni situazione è unica – la luce, il soggetto, il momento”.
Tecnica, simbolismo e nuovi inizi dopo la maternità
Per Sina, la tecnica fotografica è parte integrante della sua narrazione. Spesso predilige l’analogico — soprattutto Leica e Yashica — e abbina a volte il digitale, utilizzato come supporto per veloce pre-visualizzazione. “Adoro l’effetto magico dell’analogico, ma capita che usi anche il digitale per trovare subito la composizione giusta. Poi, quando tutto è pronto, riprendo l’analogico: le foto analogiche hanno sempre qualcosa in più”. A emergere con forza sono anche i momenti biografici che animano le sue immagini: “Ogni serie rispecchia un periodo della mia vita; alcune opere, come quelle create durante la gravidanza e trasformate in Photoshop, sono particolarmente intrise di emozione”. L’ultima serie in bianco e nero rappresenta un vero punto di svolta: “Dopo essere diventata mamma ho sentito il bisogno di ridurre tutto all’essenziale e concentrarmi su forma, luce, soggetto. Queste foto sono grafiche, ridotte, ma cariche di significato per me”.
Fotografia e cinema: il dialogo con Ruben Östlund
Il connubio tra arte fotografica e cinematografica è presente anche nella vita personale di Sina. Sui set diretti dal marito Ruben, fotografa la complessità e l’intimità delle dinamiche di gruppo, contribuendo anche alla coesione del team: “Sul set ci siamo scoperti una squadra affiatata; la nostra collaborazione è cresciuta spontaneamente, con ruoli diversi ma intrecciati. Il segreto sta nel rispettare lo spazio degli altri e nel sapersi muovere dietro le quinte, senza mai interrompere il flusso creativo altrui”. La sinergia con Ruben si traduce in un legame profondo, capace di generare nuove prospettive sia cinematografiche che fotografiche.

L’invito al pubblico: tempo, attenzione e emozione dietro ogni scatto
Alla domanda sulle sue aspettative rispetto al pubblico, Sina offre un consiglio semplice ma prezioso: “Vorrei che chi viene a vedere la mostra si conceda davvero del tempo. Siamo abituati a scorrere immagini su TikTok o Instagram, ma una fotografia merita una pausa, come davanti a un quadro: bisogna fermarsi, guardare a lungo. Se anche solo una delle foto riesce a toccare una persona o a renderla felice, io avrò raggiunto il mio scopo. È anche una forma di evasione, un invito a perdersi nell’immagine invece che nel flusso rapido dei social”.
La fotografia come meditazione, attimo sospeso e creazione
La descrizione che Sina fa del suo approccio è intensa e poetica: “Quando fotografo, tutto il resto scompare. Sono solo io e il modello in una sorta di danza silenziosa, di completa concentrazione. Il momento magico è quello in cui entrambi capiamo che è successo qualcosa di unico, come una rivelazione”. Per Sina, la fotografia diventa così meditazione, una parentesi di concentrazione assoluta in cui tutto si riduce ad attimo, luce ed emozione vissuta.
L’incontro con Sina Östlund regala uno sguardo autentico su un’artista capace di intrecciare tecnica, poesia, riferimenti culturali e sensibilità personale. “Obscura” si presenta non solo come una raccolta di immagini, ma come un racconto emotivo in cui la fotografia diventa linguaggio universale di emozioni, memoria e desiderio di comunicare. Un invito, rivolto a tutti, a rallentare e concedersi il privilegio della meraviglia davanti a ogni scatto: guardare, sentire e lasciarsi sorprendere, come davanti a un piccolo mistero da svelare.
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