The Sandman 2, la recensione della seconda e ultima stagione
La stagione 2 e ultima stagione di The Sandman arriva in esclusiva su Netflix, confermandosi come uno degli eventi televisivi più attesi dagli appassionati di fantasy e fumetti. Basata sul celebre graphic novel creato da Neil Gaiman, la serie – adattata da David S. Goyer e prodotta con Warner Bros Television – viene distribuita in tre parti: i primi sei episodi dal 3 luglio 2025, altri cinque il 24 luglio, e la conclusione definitiva con una puntata speciale il 31 luglio. Questa suddivisione riflette la struttura episodica del fumetto, permettendo di esplorare mondi, miti e le relazioni tormentate del protagonista in modo stratificato.
Il richiamo degli Endless – Famiglia e destino in primo piano
La seconda stagione si apre con una solenne riunione di famiglia: gli Endless, entità eterne e archetipiche, si ritrovano dopo secoli di incomprensioni e separazioni. Il protagonista, Dream/Morpheus, è chiamato da Destiny, il fratello custode del fato, per affrontare oscure profezie e vecchi rancori irrisolti. Emergono così tensioni familiari e analisi sul peso delle proprie scelte millenarie, in una cornice che mescola il dramma mitologico al melodramma privato, uno dei punti di forza più riconoscibili della serie e del materiale originale. L’ambiente si fa subito denso di promesse e non detti, sottolineando il valore delle relazioni tra queste creature immortali, tanto potenti quanto sorprendentemente fragili.
Redenzione e relazioni – sogni infranti e tentativi di ricucire
Grande protagonista di questi nuovi episodi è il tentativo di Dream di rimediare agli errori del passato: dal tentativo di salvare la regina Nada, imprigionata all’inferno per diecimila anni a causa di un amore tragico, alla ricerca del fratello Destruction insieme all’instabile Delirium. La stagione si muove tra mondi ultraterreni, banchetti infernali e viaggi nella memoria, intrecciando il racconto epico all’analisi intima della colpa, della responsabilità e del perdono. Spostandosi dalla torbida corte di Lucifer alle terre del Sogno e ai flashback nella Grecia antica, “The Sandman 2” mostra un intreccio di eventi destinati a risvegliare vecchi dolori ma anche nuove consapevolezze. Tuttavia, la narrazione spesso si fa bulimica, accumulando storie e miti con ritmo forsennato che lascia poco spazio alla costruzione emotiva dei personaggi secondari. Il risultato è uno spettatore spesso spaesato davanti alla ricchezza di suggestioni che arrivano sullo schermo senza potersi sempre sedimentare.
Visioni, atmosfere e difetti – tra spettacolo e pretese
Dal punto di vista visivo, The Sandman si conferma uno degli show più riconoscibili di Netflix, con effetti speciali sontuosi e ambientazioni oniriche che restituiscono il senso di meraviglia e straniamento dei fumetti di Gaiman. Il castello di Dream, i regni alternativi e le incarnazioni degli Endless godono tutti di una cura per il dettaglio che valorizza la natura metanarrativa della serie. Tuttavia, proprio la scelta stilistica di puntare su toni sempre cupi, luci basse e atmosfere “gotiche” rischia di appiattire lo spettro emotivo della serie. Il protagonista Morpheus rimane spesso intrappolato in un registro monotono e autoindulgente, tanto da risultare alienante anche per lo spettatore più fedele. I dialoghi, sovente altisonanti e carichi di filosofia, oscillano tra suggestione e ridondanza, smorzando l’impatto delle scene più cruciali. Inoltre, i momenti più leggeri e dalle tinte ironiche si rivelano rari e quasi sempre insufficienti a stemperare il clima generale di cupezza.
Un’eredità divisiva – un addio a metà strada tra fanservice e incompiutezza
La seconda stagione di The Sandman cerca con coraggio di condensare i segmenti più celebri del fumetto, in particolare “Season of Mists” e “Brief Lives”, ma nel farlo rischia di cedere alla frammentazione narrativa e alla fretta. Il senso di “fanservice” è forte: chi conosce i comics apprezzerà l’arrivo di personaggi iconici e l’adattamento di storie leggendarie; chi invece si accosta per la prima volta rischia di sentirsi escluso e spaesato di fronte a un racconto che dà molto per scontato. Il tutto aggravato da discussioni e polemiche legate al nome di Gaiman, inevitabilmente riflesso anche nella percezione dello show. Ne risulta una stagione sontuosa, ma spesso più impegnata a soddisfare i devoti estimatori che a raccontare una storia accessibile e universale.
Cosa mi è piaciuto
Ho apprezzato la ricchezza visiva della serie, la capacità di creare immagini suggestive e mondi affascinanti che catturano lo spettatore. Alcuni momenti emotivi, soprattutto nei rapporti tra gli Endless, sono riusciti a trasmettere efficacemente il peso del tempo, della colpa e della redenzione. È interessante anche la volontà di adattare fedelmente alcune fra le storie più amate dei fumetti di Gaiman.
Cosa si sarebbe potuto fare meglio
La narrazione risulta spesso troppo densa e accelerata, impedendo un vero approfondimento dei personaggi secondari e delle loro motivazioni. Avrei voluto vedere maggiore equilibrio tra le atmosfere cupe e qualche momento di leggerezza o ironia, che avrebbe reso lo show più dinamico. Anche il protagonista, Dream, avrebbe beneficiato di una maggiore varietà emotiva nel suo percorso.
Verdetto finale
The Sandman 2 è un addio sontuoso, visivamente affascinante e fedele allo spirito originale, ma afflitto da una certa autoreferenzialità e da un racconto spesso troppo compresso. Un’esperienza consigliata soprattutto agli appassionati dei fumetti e a chi cerca un fantasy adulto e fortemente simbolico, meno a chi desidera una narrazione più lineare e universale. In ogni caso, resta un esperimento coraggioso e unico nel panorama delle serie Netflix.
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