Avatar: Fuoco e Cenere, il terzo capitolo della saga di James Cameron
A tre anni di distanza dal secondo film, che ha dato il via al rilancio dell’universo creato da James Cameron, arriva in sala Avatar: Fuoco e Cenere, la nuova epopea cinematografica in uscita dal 17 dicembre con The Walt Disney Company Italia.
La storia riprende come naturale conseguenza gli eventi de La via dell’acqua. La famiglia Sully, ormai parte integrante del clan dei Metkayina, vive con la gente del mare, nelle barriere coralline. Ognuno di loro, però, porta ancora con sé molte questioni rimaste in sospeso dal film precedente, unite dal lutto per la scomparsa del figlio maggiore Neteyam (Jamie Flatters). Ogni membro della famiglia affronta il dolore a modo suo.

Il dolore e il lutto come atto di separazione
Lo’ak (Britain Dalton), il secondogenito, è oppresso dal senso di colpa per la morte del fratello Neteyam. Trascorre le giornate in solitudine con il Tulkun Payakan, instaurando con lui un legame sempre più stretto e indissolubile. Si unirà a loro Ta’nok, un’altra Tulkun emarginata, creando una dinamica interessante insieme. Il film approfondisce nuovi aspetti della cultura Tulkun, inclusi i leader di clan come Matriarch e Patriarch, riconoscibili dai tatuaggi e dagli anelli che indicano la loro storia.
La storyline di Lo’ak si intreccia con quella di Payakan, mostrando le tensioni tra il clan dei Metkayina e il Tulkun. Tra la sfacciataggine del secondo figlio di Jake – tanto simile al padre – e la persistenza degli adulti nel non ascoltare davvero i propri figli, emerge un forte contrasto generazionale. Elemento chiave di Avatar: Fuoco e Cenere, che porta alla conclusione del primo grande arco narrativo dell’universo di Pandora. Dal quarto film in poi – ancora da confermare – pare che Tuk possa diventare la nuova protagonista, dato che in questo film è spesso messa in disparte.
Il capofamiglia Jake passa il suo tempo alla ricerca di armi da fuoco e di metalli, simboli di male e tossicità per molti Na’vi, elementi che possono condizionare o corrompere chi li maneggia. Il rapporto con Neytiri è in crisi. La donna cerca di affrontare il proprio lutto, mentre Jake sembra essere tornato alla mentalità del marine che conoscevamo nel primo film. La futura tsahìk degli Omaticaya nutre ancora un profondo risentimento verso gli umani, sentimenti che emergono soprattutto nei confronti di Spider. Jake scopre inoltre che sua moglie prova disagio nei confronti dei loro figli “mezzo sangue”, con cinque dita e metà discendenza dalla gente del cielo.

Legami padre/figlio e accettazione
Il conflitto tra i due riflette sulla famiglia, dove il motto era un tempo la forza e l’unione: ora la sfida più grande è ritrovare quel legame e tornare a essere un tutt’uno, comprendendo cosa è veramente importante.
Tra le storyline più interessanti c’è quella di Kiri (Sigourney Weaver), giovane Na’vi alla ricerca di risposte sulla propria paternità e sul legame con Eywa e la Grande Madre. È proprio un evento legato a questo aspetto a dare il via alla storia del film. La famiglia Sully decide di trasferirsi e tornare nelle terre degli Omaticaya, poiché Spider, unico umano della famiglia, non può sopravvivere a lungo con la maschera, le cui batterie si esauriscono. Partono quindi con delle navi mercantili – inizialmente i genitori erano d’accordo nell’allontanare Spider da solo, ma i figli insistono per restare uniti.
Durante il viaggio, il convoglio mercantile viene attaccato dai pirati del cielo, rivelatisi parte del popolo delle Ceneri guidato da Varana (Oona Chaplin). Nello scontro, le navi vengono abbattute e Spider è al limite della sopravvivenza. Grazie all’intuito di Kiri e all’aiuto di Eywa, il ragazzo riesce a respirare l’aria di Pandora senza maschera, un evento che potrebbe essere interpretato come miracolo o maledizione. La sua sopravvivenza diventa cruciale: la gente del cielo desidera studiarlo per trovare un modo che permetta agli uomini di vivere su Pandora senza maschere. Nel mentre i Sully affrontano un conflitto morale tra il bene superiore e la protezione della famiglia, soprattutto quando Spider salva più volte Jake.

Un conflitto infinito e il rischio dello smarrimento
Con l’arrivo del nuovo villain Varang, interessata alle armi della gente del cielo, si sviluppa un legame speciale con Quaritch.
Il personaggio di Stephen Lang si sviluppa in una dimensione più profonda e complessa, caratterizzata da una dicotomia tra i suoi ricordi e ciò che è diventato nel presente. Il desiderio di salvare suo figlio Spider lo spinge a compiere azioni spesso in contrasto con il volere dei suoi superiori. Il legame tra lui e Varana richiama le classiche alleanze tra villain, utilizzate sia come espediente narrativo per ampliare la trama, sia per dare maggiore spessore a uno dei personaggi chiave dell’universo di Avatar.
Il rapporto tra Quaritch e Jake rimane al centro della storia, anche se, in alcune parti del film, la rivalità tende a ripetersi, rischiando di risultare un po’ ridondante. A un certo punto, gli stessi personaggi appaiono troppo stanchi per combattere e si concedono delle pause, offrendo anche allo spettatore un momento di respiro necessario.
Dal punto di vista tecnico, l’esperienza cinematografica resta unica. Il ritorno del 3D è affascinante e nostalgico, anche se la durata di circa 3 ore e 20 può risultare pesante, soprattutto verso il quarto atto, quando gli eventi accelerano dopo oltre due ore di approfondimenti e scene simili tra loro. Ciò può ridurre l’effetto “wow” sul pubblico, oggi più sensibile a soglie di attenzione brevi.
Nonostante ciò, James Cameron conferma ancora una volta la sua maestria, e la speranza è che Avatar: Fuoco e Cenere porti un pubblico numeroso in sala durante le feste natalizie e oltre.

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