“Mata Hari”: lo specchio infranto di un rapporto padre-figlia
Joe Beshenkovsky e James A. Smith, registi che si distinguono per un approccio originale al documentario, ci regalano con “Mata Hari” un’opera che va oltre la semplice biografia. Il film, presentato in anteprima fuori concorso alla 82a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Premio Venezia Classici per il Miglior documentario sul cinema, utilizza la lente di un progetto cinematografico incompiuto per esplorare la complessa relazione tra David Carradine e sua figlia Calista, quasi come un’autopsia di una relazione intricata.
La regia: un’indagine intima
Beshenkovsky e Smith dimostrano una sensibilità notevole nel maneggiare materiale delicato. La loro regia non si limita a ricostruire una storia, ma scava nelle dinamiche familiari, svelando le fragilità e le contraddizioni di Carradine. L’alternanza tra le scene del film “Mata Hari” e le testimonianze dirette crea un dialogo suggestivo tra finzione e realtà, un effetto di straniamento che invita lo spettatore a riflettere sulla labilità del confine tra vita e arte.
Un film nel film: genesi di un progetto ambizioso
Negli anni ’90, David Carradine, reduce dal successo di “Kung Fu”, intraprende la regia di “Mata Hari”, una biografia della celebre ballerina e spia. Il progetto divenne per lui un’occasione per riallacciare i rapporti con la figlia Calista, fino ad allora lontana, e forse anche per “redimersi” in qualche modo. L’idea, ambiziosa, era di girare per alcune settimane ogni anno, seguendo l’evoluzione della storia e, al contempo, costruendo un legame tra padre e figlia, in un film che si sarebbe sviluppato nel corso dei decenni.
Vita, arte e improvvisazione: un caos creativo
Tuttavia, la vita sregolata di Carradine, i problemi economici e le vicende sentimentali di Calista complicano la produzione, lasciando il film incompiuto. Beshenkovsky e Smith riportano alla luce questo materiale inedito, tracciando parallelismi tra la narrazione sullo schermo e la relazione sempre più intricata tra i Carradine. Sul set regnava il caos: la sceneggiatura era spesso improvvisata e le riprese dipendevano dall’umore e dalle finanze di Carradine, creando un’immagine di un progetto destinato al fallimento fin dall’inizio.
Lo specchio infranto: quando la finzione riflette la realtà
I registi si concentrano sulle intersezioni tra il set di “Mata Hari” e la vita di David e Calista. Carradine sembra scrivere la loro storia nel copione del film, includendo amanti e situazioni che riflettono le esperienze di Calista, anche quando era ancora una bambina. Le scene del film sono un esempio di come Carradine attinga dalla vita della figlia, in un modo che risulta allo stesso tempo affascinante e inquietante, quasi morboso.
Un padre inadeguato: tra affetto e incapacità
Carradine sembra sinceramente preoccuparsi per sua figlia, ma è incapace di svolgere il ruolo di genitore. La tratta come un’adulta quando è ancora una bambina, sfruttando la sua vita per trarne ispirazione artistica. Il film suggerisce che Carradine vedesse Calista più come una musa che come una figlia, incapace di fornirle il supporto e la guida di cui aveva bisogno.
Il dubbio: un film destinato al fallimento?
Le scene di “Mata Hari” mostrano un progetto caotico, senza una sceneggiatura precisa o un’idea chiara di cosa si volesse realizzare. Carradine finanziava il film di tasca propria, senza badare al budget. Nonostante ciò, si percepisce l’amore di Carradine per la figlia e la volontà di comunicare con lei attraverso l’arte.
Eredità incompiuta: un finale agrodolce
Il film evidenzia i difetti di Carradine, ma allo stesso tempo mostra i suoi tentativi di essere un padre, seppur fallimentari. Un estratto in cui Patrick annuncia a David che sposerà Calista rivela un uomo sinceramente interessato alla felicità della figlia, ma che si comporta più come un amico che come un futuro suocero. La fine delle riprese segna anche una rottura nel rapporto tra Calista e David, che si allontanano.
Cosa mi è piaciuto:
- L’approccio originale: Il film evita la classica biografia, concentrandosi sul rapporto tra padre e figlia attraverso un progetto cinematografico incompiuto. Questo permette di esplorare le dinamiche familiari in modo più intimo e coinvolgente.
- Il materiale inedito: Le scene di “Mata Hari” offrono uno sguardo unico sul processo creativo di Carradine e sulla sua relazione con Calista.
- La regia delicata: Beshenkovsky e Smith riescono a trattare un tema delicato con sensibilità e intelligenza, evitando giudizi facili e offrendo una prospettiva complessa sui personaggi.
Cosa si sarebbe potuto fare meglio:
- Approfondire il presente: Il salto nel presente, con l’apparizione di Calista adulta, risulta un po’ brusco e avrebbe meritato un maggiore approfondimento.
- Esplorare le carriere: Il film si concentra troppo sulle riprese di “Mata Hari”, tralasciando le carriere successive di David e Calista.
- Dare più contesto: Avrebbe giovato approfondire le dipendenze di Carradine e i suoi problemi personali per fornire un quadro più completo della sua figura.
Verdetto finale:
“Mata Hari” è un documentario toccante e originale, che esplora la complessa relazione tra David Carradine e sua figlia Calista attraverso un progetto cinematografico incompiuto. Nonostante alcune mancanze, il docu/film offre uno sguardo intimo e commovente su una famiglia segnata dal talento, dalla fragilità e dalle occasioni mancate.
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