Questa sono io, la recensione del film di Małgorzata Szumowska e Michał Englert
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2023 e distribuito in Italia da I Wonder Pictures, che lo proporrà in sala a partire dal 29 maggio 2025 con il titolo “Questa sono io”, Woman Of… (Kobieta z…) è un film che si distingue per il suo approccio delicato e rispettoso. Nel raccontare la complessità di un percorso di transizione di una donna, Aniela, nel contesto sociale polacco, ancora fortemente influenzato da pregiudizi e norme tradizionali. Diretto da Małgorzata Szumowska e Michał Englert, il film si fa portavoce di una testimonianza umana ed emotivamente coinvolgente, diventando un esempio di cinema sociale e civile.

Una narrazione che attraversa 45 anni di vita
Il film dipinge il percorso di Andrzej, che diventa Aniela, attraverso un arco temporale di oltre quattro decenni, dal regime comunista alle più recenti sfide di una società in evoluzione. Si parte dagli anni ’70, con la giovinezza di Andrzej e la sua non riconosciuta identità di genere, fino alle difficoltà burocratiche e legali del presente. La regia mantiene un tono realista e intimo, catturando l’atmosfera di una provincia polacca, tra tradizione e trasformazione, offrendo uno sguardo profondo sulla persona e sui conflitti sociali che questa attraversa.
Il corpo come simbolo di identità e libertà
Szumowska e Englert concentrano l’attenzione sul corpo come veicolo di identità, sofferenza e speranza. Scene come quella dell’esame militare, dove Andrzej si rifiuta di togliere i calzini dipinti, rappresentano più di un gesto di ribellione: sono l’affermazione di una verità interiore che si impone contro la repressione sociale. La trasformazione fisica di Aniela, accompagnata da un attento lavoro estetico, rappresenta una rinascita, ma anche un atto di rivolta contro le aspettative di una società ancora molto conservatrice.
Relazioni e percorsi di accettazione
Il film mette in primo piano le relazioni personali: la relazione di Aniela con Iza, interpretata da Joanna Kulig, è al centro di una narrazione intensa che parla di amore, dolore e comprensione. La loro storia d’amore, fragile all’inizio, si evolve in un percorso di mutuo rispetto e accettazione, dimostrando che il sentimento autentico può resistere anche alle sfide più dure. La famiglia e i rapporti con i genitori e il fratello, anch’essi protagonisti, mostrano le tensioni e le evoluzioni di un tessuto sociale ancora lontano dal pieno riconoscimento dei diritti.
Un contesto storico e politico in movimento
La narrazione si arricchisce di riferimenti storici fondamentali: il peso della fine del comunismo, le proteste di Solidarność, l’ascesa e il ruolo di Papa Wojtyła sono elementi che sottolineano come il cammino personale di Aniela sia inestricabilmente legato a quello della nazione. Scene di manifestazioni e celebrazioni civili vengono utilizzate per rappresentare il confronto tra le aspirazioni di libertà e le resistenze culturali, con un occhio attento al quadro storico che rende il film ancora più significativo.
Interpretazioni e stile visivo
Dalla parte della forza del film sono le interpretazioni: Małgorzata Hajewska-Krzysztofik offre una performance intensa e umana, catturando con delicatezza l’evoluzione di Aniela nel tempo. La regia predilige un’estetica sobria e naturale, con luci calde e inquadrature che valorizzano i volti e le emozioni, rendendo il percorso di trasformazione visivamente coinvolgente. L’uso di flashback e sequenze di memoria arricchiscono lo storytelling, rendendo la narrazione più fluida e profonda.
Un film di grande attualità e di speranza
Questa sono io si presenta come un’opera di grande valore civile, che mette in scena le ingiustizie e le difficoltà di chi vive nell’ombra della società, ma anche la forza interiore di chi combatte per vivere con dignità. È un invito alla riflessione sull’importanza di rispettare e riconoscere i diritti di tutte le persone, indipendentemente dal loro genere o identità. La delicatezza con cui Szumowska ed Englert affrontano questo cammino, senza eccessi o pietismi, permette allo spettatore di immergersi nel viaggio di Aniela con empatia e rispetto.
Questa sono io si rivela un film potente e coinvolgente, capace di coniugare realtà storiche e sociali con una narrazione umana e intensa. La performance di Hajewska-Krzysztofik e la sensibilità dei registi creano un’opera che invita alla riflessione e alla comprensione profonda della lotta quotidiana di milioni di persone transgender in tutto il mondo. È un film che, pur nel suo carattere di testimonianza, lascia uno spiraglio di speranza e di possibilità di cambiamento, mostrando che il coraggio di essere sé stessi può davvero fare la differenza.
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