Recensione di Mercy for None, il revenge movie in formato seriale
Il 6 giugno ha debuttato su Netflix “Mercy for None”, miniserie sudcoreana che, in poche settimane, si è imposta come la serie non in lingua inglese più vista al mondo e presenza fissa nelle top ten anche in Italia. L’incredibile successo si deve non solo alla popolarità crescente dei k-drama, ma anche alla forza di una storia che unisce azione, introspezione e una profonda riflessione morale. Tratta dal webtoon di culto “Plaza Wars” di O Se-hyung e Kim Gyun-tae, pubblicato tra il 2020 e il 2021, la serie segna un nuovo livello nella narrazione noir coreana, adottando il linguaggio visivo e la brutalità che tanto hanno reso celebri film come “Oldboy” ma traducendo tutto in una forma seriale moderna, intensa e piena di sorprese.
Un’origine a fumetti tra tradizione e innovazione
Il percorso di “Mercy for None” inizia sulle pagine del celebre webtoon da cui prende ispirazione, segno della capacità del mercato coreano di adattare linguaggi e generi diversi creando prodotti di largo successo. Il k-drama rimane fedele alle atmosfere e all’introspezione psicologica del fumetto, ma si prende alcune libertà narrative nell’espandere i personaggi secondari e nell’approfondire la rete di tradimenti e alleanze che collega i protagonisti. Da questo incontro tra fumetto e schermo nasce una miniserie che non ha paura di mostrare scene di brutale violenza, ma che riesce anche a scavare nella colpa e nel rimorso che segnano i suoi personaggi principali.
La trama: una vendetta che è viaggio interiore
Al cuore di “Mercy for None” troviamo Nam Ki-jun, interpretato con intensità glaciale da So Ji-sub, un ex gangster segnato da un passato doloroso e dalla decisione di lasciare la vita criminale dopo essersi volontariamente lesionato il tendine d’Achille. La morte improvvisa del fratello minore Gi-seok, oggi stella nascente del gruppo rivale Juwoon, spezza l’apparente tranquillità raggiunta da Ki-jun e lo trascina in un vortice di vendetta che affonda le sue radici nelle regole non scritte della criminalità organizzata sudcoreana. L’inevitabile ritorno del protagonista nel mondo da cui aveva cercato di fuggire non è soltanto una discesa all’inferno fatta di scontri sanguinosi, ma anche una dolorosa esplorazione di ciò che resta della sua umanità. In un’atmosfera carica di tensione, Ki-jun si muove tra alleati ambigui, tradimenti e vecchi rancori, andando a sbattere contro il muro duro e freddo delle proprie colpe e delle proprie scelte.
Un mosaico criminale complesso e realistico
La serie tratteggia con maestria l’universo delle bande Juwoon e Bongsan, dove ogni personaggio – boss, sicari, figli ribelli – ha un ruolo ben definito ma nasconde sempre una doppia faccia. Il senso di “famiglia” si mescola continuamente con la logica feroce della sopravvivenza e della supremazia. La rivalità di fondo tra le due organizzazioni, e il fragile equilibrio che le tiene insieme, viene rotta proprio dall’assassinio di Gi-seok, scatenando una spirale di omicidi, vendette trasversali e alleanze tradite. La regia, firmata da Choi Sung-eun, restituisce pienamente il senso di claustrofobia e pericolo costante che accompagna i passi dei protagonisti, mentre la fotografia esalta i contrasti di una Seoul tanto affascinante quanto oscura, illuminata da neon e ombre inquiete.
Interpretazioni magistrali e personaggi memorabili
A fare la differenza in “Mercy for None” è un cast di altissimo livello. So Ji-sub domina la scena con una performance fatta di sguardi, silenzi e improvvisi scoppi di violenza, incarnando perfettamente la figura dell’anti-eroe ferito e incapace di sfuggire al proprio destino. Al suo fianco, Gong Myung è una rivelazione nei panni dell’erede crudele e imprevedibile Koo Jun-mo, capace di passare dai toni glaciali all’esplosione di una rabbia animalesca. Da segnalare anche Choo Young-woo, che dà vita a una trasformazione affascinante e inquietante: da procuratore riluttante a gelido aspirante boss, il suo percorso regala alcuni dei momenti più sorprendenti della serie. La recitazione, sempre trattenuta e anti-spettacolare, avvicina questi personaggi al pubblico più di quanto non farebbe una semplice esposizione didascalica dei sentimenti.
Azione e violenza: il corpo come terreno di scontro
Uno dei maggiori punti di forza della serie risiede proprio nelle sequenze action, tra le migliori viste sulla piattaforma negli ultimi anni. Se molte produzioni contemporanee strizzano l’occhio all’inflazionato “gun-fu” hollywoodiano, “Mercy for None” sceglie il corpo a corpo, privilegiando il contatto fisico e la sporcizia dei combattimenti a mani nude, tanto da sembrare quasi coreografie di danza disperata. Ricordando la celebre scena del corridoio di “Oldboy” per intensità e realismo, alcuni combattimenti – dal devastante scontro nel cybercafé fino alla battaglia finale – sono spettacolari, coreograficamente raffinati e brutalmente credibili. C’è una fisicità che imprime realismo a ogni colpo, amplificando la sofferenza e la vulnerabilità dei personaggi.
Tematiche di fondo: lealtà, tradimento e fallimento
Oltre all’action, il vero cuore pulsante della serie sono i temi della lealtà familiare, della redenzione e del fallimento personale. Ki-jun non cerca solo giustizia per il fratello ucciso, ma si confronta con la sua stessa eredità di violenza, il rimorso per ciò che è stato e la consapevolezza che certi errori non si possono davvero emendare. I continui richiami alla ciclicità della vendetta – passata da una generazione all’altra, da una banda all’altra – restituiscono una storia in cui l’unica vera condanna è non poter mai davvero sfuggire a sé stessi. La serie non offre facili vie di fuga o redenzioni consolatorie, ma porta il pubblico a interrogarsi sulle conseguenze delle proprie scelte e sulla natura stessa del perdono.
Difetti e limiti: originalità e sospensione dell’incredulità
Nonostante i molti pregi, “Mercy for None” non è esente da difetti. Alcune dinamiche narrative risultano prevedibili, e i personaggi secondari, per quanto ben interpretati, a volte restano poco più che archetipi. La durezza di Ki-jun rischia di sfociare in un eroismo poco credibile, soprattutto nelle fasi finali, quando il protagonista sembra sopravvivere a qualsiasi ferita in modo quasi sovrumano. Alcuni passaggi sono eccessivamente forzati, e la coerenza psicologica viene per qualche istante sacrificata in nome della spettacolarità.
Un noir imperdibile che segna la nuova era del crime coreano
Nonostante alcune ombre, “Mercy for None” resta una delle migliori novità thriller dell’anno e il nuovo punto di riferimento per il noir coreano su Netflix. Violenta ma mai compiaciuta, intensa ma capace di pause di tenerezza disperata, la serie conquista per ritmo, interpretazioni e atmosfere. Chi ama i drammi dai toni cupi, i racconti di vendetta e le storie dove nessuno è completamente innocente non potrà che restare affascinato. “Mercy for None” è una vendetta senza pietà che lascia il segno nel panorama televisivo internazionale e nel cuore degli spettatori.
Cosa mi è piaciuto
“Mercy for None” mi ha colpito per la capacità di unire una narrazione intensa a una messa in scena visiva affascinante. Gli scontri corpo a corpo sono tra i più tesi e realistici visti di recente, mentre l’atmosfera noir restituisce perfettamente il senso di pericolo e perdizione dei personaggi. Ho particolarmente apprezzato la profondità, seppur silenziosa, del protagonista e la scelta di non edulcorare la spirale di violenza, ma anzi di mostrarne il peso morale. Il cast si dimostra all’altezza delle aspettative, con interpretazioni che sanno trasmettere tormento e determinazione con grande misura.
Cosa si poteva fare meglio
Nonostante la qualità complessiva, la serie avrebbe guadagnato da una scrittura più equilibrata dei personaggi secondari, spesso ridotti a semplici comparse funzionali alla trama. Alcuni snodi narrativi risultano prevedibili e la progressiva invulnerabilità del protagonista, soprattutto nei momenti finali, finisce per diminuire la tensione drammatica. Inoltre, un maggiore approfondimento emotivo e psicologico del rapporto tra i due fratelli avrebbe reso il racconto ancora più coinvolgente e autentico.
Verdetto Finale. Da vedere assolutamente, sia per chi cerca adrenalina e azione, sia per chi vuole addentrarsi nei chiaroscuri dell’animo umano attraverso una narrazione contemporanea, viscerale e senza compromessi.
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