The Chronology of Water, l’esordio alla regia di Kristen Stewart
Kristen Stewart, icona del cinema contemporaneo nota per la sua versatilità e intensità recitativa, esordisce alla regia con “The Chronology of Water”, un progetto profondamente personale che segna una nuova fase della sua carriera. Dopo averci conquistato con ruoli memorabili in film come “Twilight”, “Personal Shopper” e “Spencer”, Stewart dimostra di possedere una visione autoriale forte e originale, abbandonando le vesti di attrice per esplorare le profondità del racconto cinematografico da una prospettiva inedita. Questo passaggio dietro la macchina da presa, oltre a essere un cambio di ruolo, è anche una vera e propria dichiarazione di intenti artistici, che promette di svelare nuove sfaccettature del suo talento.
Al suo fianco, Imogen Poots, attrice britannica di talento con una filmografia eclettica che spazia da “28 Weeks Later” a “That Awkward Moment”, si cala nei panni di Lidia Yuknavitch con una performance intensa e commovente. Il film è stato presentato in anteprima durante il Festival di Cannes, dove ha suscitato grande interesse; visto, invece, al BFI London Film Festival, per un’esperienza che mi ha permesso di apprezzare appieno la forza emotiva e la complessità tematica dell’opera.

Dietro la macchina da presa, uno sguardo autoriale unico
La regia di Stewart è audace e non convenzionale, un vero e proprio atto di coraggio artistico. Abbraccia uno stile frammentato, quasi impressionistico, che riflette la natura caotica e sfuggente dei ricordi traumatici. Non si limita a raccontare una storia, ma cerca di evocare sensazioni, emozioni, stati d’animo. La sua regia è intima, quasi voyeuristica, e ci permette di entrare in contatto diretto con la psiche tormentata della protagonista, senza filtri né censure. Stewart dimostra di avere un controllo magistrale del linguaggio cinematografico, utilizzando la fotografia, il montaggio e il suono in modo creativo e originale per creare un’esperienza visiva ed emotiva intensa e coinvolgente.
Anime in scena, interpretazioni intense e commoventi
Imogen Poots offre una performance straordinaria, dando vita a Lidia con una vulnerabilità e una forza che tolgono il fiato. Non si limita a interpretare un personaggio, ma lo incarna completamente, facendoci sentire sulla nostra pelle il suo dolore, la sua rabbia, la sua disperazione, ma anche la sua resilienza e la sua speranza. Riesce a incarnare sia la fragilità della vittima che la resilienza della sopravvissuta, creando un ritratto umano complesso e sfaccettato. Anche gli attori secondari, tra cui Thora Birch e Jim Belushi, offrono interpretazioni convincenti e contribuiscono a creare un’atmosfera di realismo emotivo, arricchendo il film di sfumature e dettagli che lo rendono ancora più autentico e coinvolgente.
Nel vortice della memoria, un’esistenza in frantumi
“The Chronology of Water” ci immerge nella complessa esistenza di Lidia Yuknavitch, fin dalla sua infanzia segnata da abusi sessuali da parte del padre e dall’assenza emotiva di una madre incapace di proteggerla. Lidia trova una temporanea via di fuga nel nuoto agonistico, disciplina in cui eccelle, ma che ben presto viene compromessa dalla sua crescente dipendenza da alcol e droghe. La sua vita è un susseguirsi di relazioni tormentate, sperimentazioni sessuali e tentativi disperati di anestetizzare il dolore. La perdita di un figlio rappresenta un punto di svolta traumatico, che la spinge a confrontarsi con il suo passato e a cercare una via di guarigione attraverso la scrittura. Il film segue il suo percorso di autodistruzione e rinascita, culminando con l’affermazione della sua identità di scrittrice e con la scoperta di una nuova forma di libertà e di espressione.
La scrittura diventa per Lidia una forma di catarsi, un modo per dare un senso al suo passato e per riappropriarsi della sua storia. Attraverso la sua arte, Lidia riesce a trasformare il suo dolore in bellezza e a trovare una nuova ragione di vita. Non si tratta solo di scrivere, ma di trovare la propria voce, di esprimere le proprie emozioni, di raccontare la propria verità. La scrittura diventa un atto di liberazione, un modo per superare il trauma e per guardare al futuro con speranza. Stewart riesce a comunicare questa trasformazione in modo efficace, mostrando come la scrittura possa essere un potente strumento di guarigione e di crescita personale.
Rinascita dalle ceneri, una luce alla fine del tunnel
Il film non segue una struttura narrativa lineare, ma si sviluppa attraverso una serie di flashback e frammenti di memoria che ci svelano gradualmente il passato di Lidia. Assistiamo alla sua infanzia segnata dall’abuso, alla sua fuga nel nuoto, alla sua dipendenza da alcol e droghe e alla sua faticosa ricerca di un’identità. Questi frammenti di memoria non sono presentati in ordine cronologico, ma si susseguono in modo caotico e disordinato, come accade nella mente di chi ha subito un trauma. Questo approccio narrativo non convenzionale rende il film più complesso e stimolante, ma anche più difficile da seguire. Tuttavia, la capacità di Stewart di creare un’atmosfera di angoscia e disorientamento ci permette di entrare in empatia con la protagonista e di comprendere il suo stato emotivo.

Il film non offre facili risposte o soluzioni miracolose, ma suggerisce che è possibile trovare la speranza e la guarigione anche dopo aver subito un trauma. La storia di Lidia è un inno alla resilienza umana e alla capacità di superare le avversità. Non si tratta di negare il dolore, ma di accettarlo, di elaborarlo, di trasformarlo in qualcosa di positivo. Il film ci ricorda che non siamo soli, che ci sono altre persone che hanno subito esperienze simili, e che possiamo trovare la forza di andare avanti grazie al loro sostegno e alla nostra resilienza. Stewart ci offre un messaggio di speranza e di coraggio, invitandoci a non arrenderci mai, a credere sempre nella possibilità di un futuro migliore.
Cosa mi è piaciuto
- La regia audace e sperimentale di Kristen Stewart.
- L’interpretazione intensa e commovente di Imogen Poots.
- La capacità del film di affrontare un tema difficile come l’abuso con sensibilità e onestà.
- L’uso efficace del linguaggio cinematografico per comunicare l’esperienza traumatica della protagonista.
- Il messaggio di speranza e resilienza che il film trasmette.
Cosa si sarebbe potuto fare meglio
- La narrazione frammentata a tratti può risultare un po’ confusa per alcuni spettatori, richiedendo una maggiore attenzione per seguire il filo del racconto.
- Alcuni personaggi secondari, pur offrendo interpretazioni convincenti, avrebbero potuto essere sviluppati in modo più approfondito per arricchire ulteriormente la trama.
- Il ritmo del film, a tratti lento e contemplativo, potrebbe non essere adatto a tutti i gusti, richiedendo una certa pazienza per apprezzare appieno la profondità emotiva dell’opera.
Verdetto finale
“The Chronology of Water” è un film potente e commovente che segna un debutto registico promettente per Kristen Stewart. Un’opera audace e non convenzionale che affronta un tema difficile con sensibilità e onestà, offrendo uno sguardo intimo e toccante sulla vita di una donna che ha subito un trauma e che ha trovato la forza di rinascere dalle sue ceneri.
Lascia un commento