The End, intervista a George MacKay
In occasione dell’uscita in Italia di The End, il primo film di finzione di Joshua Oppenheimer, I Wonder Pictures ha organizzato un evento unico nel suo genere che ci ha permesso di incontrare il regista del film e il suo protagonista George MacKay (The Beast, Captain Fantastic).
The End – dal 3 luglio al cinema – narra la storia di una famiglia facoltosa costretta a vivere in un lussuoso bunker sotterraneo all’indomani di un’apocalisse ambientale. Dopo decenni di solitudine, il gruppo entra in contatto con una ragazza sconosciuta che proviene dal mondo esterno. Questo inatteso avvenimento stravolge la routine della famiglia e diventa il punto di partenza per esplorare le profondità più inquietanti dell’animo umano, in linea con la cifra stilistica dei precedenti lavori del regista.
A fare da suggestiva location a una storia corale e intensa, troviamo le affascinanti caverne della Miniera di salgemma situate a Petralia Soprana, in Sicilia e precisamente nella frazione di Raffo. Un antro imponente e maestoso, fatto di cunicoli e grotte tra le più grandi d’Europa, che ha ospitato per settimane le riprese del film e il set del bunker in cui vivono i protagonisti.

Non si tratta del primo musical per MacKay, bensì il terzo dopo Sunshine on Leith e Been So Long. “Questa volta è stata sicuramente la musica più difficile con cui abbia mai lavorato. Quindi c’è stato molto più allenamento. Credo che, da quando ho fatto i due musical precedenti. Ho imparato che mi piace prepararmi molto, anche perché il mio modo di lavorare è cambiato. E poi in questo contesto, ero legato al film molto prima rispetto ai due musical precedenti”. In The End, George MacKay interpreta Il Figlio, senza nome, cresciuto da sempre in questo bunker in un mondo post-apocalittico, con la sua famiglia benestante.
Ballare, cantare e recitare, unire le tre cose in un lavoro come questo non è per niente semplice. “Mi ci è voluto molto allenamento per fare i movimenti, cantare insieme, non è quello che faccio di solito. A volte mi dimenticavo di vivere il momento”. La bravura a 360 di MacKay esplode in The End dove in diversi brasi solisti mostra tutte le sue capacità interpretative al punto da immergersi completamente nella scena.
Una delle particolarità del film è che i personaggio non hanno un vero nome e cognome. “Non abbiamo mai considerato di dare ai personaggi un vero nome di famiglia. Mi piaceva il fatto che fosse un anonimo. Dargli un nome l’avrebbe limitato. Se fosse stato George, sarebbe stato più di un semplice figlio”.
Un personaggio che intraprende un viaggio molto simile al personaggio di MacKay, Bo, nel film del 2016 Captain Fantastic. “Ho visto una certa somiglianza tra i due personaggi ed era una cosa di cui ero preoccupato in parte, perché non volevo ripetermi. Con Bo il fatto era che lui era stato lontano da una parte di mondo che desiderava conoscere. In The End invece è più una questione di società umana, nel senso globale”.
Trovi l’intervista completa ad inizio articolo.
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