Devilman, la recensione del celebra manda di Go Nagai
Go Nagai è una delle figure più rivoluzionarie e discusse del panorama manga giapponese, creatore di Devilman e opere fondamentali come Mazinger Z, Cutie Honey e Mao Dante. Nagai ha avuto un rapporto sempre controverso con la censura e con la morale pubblica, esplorando i limiti del corpo, della sessualità e della violenza sui suoi personaggi e lettori. La sua poetica oscilla tra slanci creativi geniali, provocazione e ribellione, spingendosi spesso dove altri autori avrebbero desistito. Devilman, pubblicato nei primi anni ’70 sulla scia dell’esperienza censurata di Mao Dante, rappresenta l’apice di questa tensione: un’opera che, tra orrore e riflessione morale, ha segnato la storia del manga.
La genesi di Devilman: dallo shonen all’apocalisse
Il manga ruota attorno a Fudo Akira, un adolescente timido e fragile, sin da subito caratterizzato da una coscienza pura e dal bisogno di protezione, incarnato dalla figura di Miki, ragazza coraggiosa e anticonformista. L’arrivo di Ryo Asuka, suo enigmatico amico d’infanzia, innesca la trama: Ryo rivela ad Akira la minaccia dei demoni millenari, risvegliati dalla distruzione ecologica e pronti a reclamare la Terra dagli umani. Con un’orgia-rito psichedelica degna della controcultura anni ’70, Akira si fonde con il potentissimo demone Amon, acquisendone i poteri ma mantenendo cuore e coscienza umani. Così nasce Devilman: un essere in bilico tra due nature, chiamato a combattere i mostri per difendere la nostra specie.

Dalla lotta mostruosa alla crisi dell’umanità
Le prime fasi del manga seguono la struttura tipica dello shonen e del racconto supereroistico: Akira affronta e sconfigge una galleria di demoni grotteschi — come Sirene, la letale arpia, e Jinmen, demone tartaruga che incorpora le anime delle vittime nel carapace. Nagai però sovverte presto le aspettative: ogni vittoria porta con sé l’ambiguità morale e il trauma, suggerendo fin dall’inizio che il male non è solo nei demoni, ma nel cuore degli uomini stessi. L’intero impianto narrativo si trasforma progressivamente in una discesa nell’orrore e nella paranoia: la società umana, divorata dalla paura e dalla xenofobia, si trasforma in una folla isterica pronta a massacrare innocenti in un’allucinata caccia alle streghe contro i Devilman.
Carne, sangue e ribellione: l’estetica di Go Nagai
Uno degli aspetti più rivoluzionari di Devilman è la rappresentazione cruda e disturbante dei corpi e della violenza. Nagai abbandona qualsiasi pudore o simbolismo raffinato: i demoni sono il risultato di mutazioni e fusioni fisiche estreme, resi sempre visibili, privi di mistero ma carichi di una oscena potenza visiva. Il corpo diventa luogo di trasformazione, dolore e desiderio; in Devilman la carne è sia oggetto di fascinazione erotica che di orrore, come nella mutilazione di Miko o nelle battaglie in cui il sangue scorre a fiotti. Questo stile, teso e sperimentale, ha influenzato tutta la tradizione del body horror, e le tavole di Nagai — con le loro griglie spezzate e le deformazioni — comunicano una brutalità ed una anarchia grafica rare nel manga classico.
Relazioni robotiche e pulsioni nascoste
Oltre al pessimismo e alla violenza, un altro tema centrale del manga è l’ambiguità delle relazioni tra i personaggi, in primis quella tra Akira e Ryo. La loro amicizia, sempre più carica di tensione, evolve in una sottile attrazione che diventa esplicita nel finale catartico. Nagai inserisce — con una lucidità quasi scomoda — il tema della sessualità repressa, dell’identità fluida e del desiderio proibito, rendendo la relazione tra i due protagonisti un elemento portante della catastrofe finale. In Devilman, l’amore non salva, ma distrugge: le pulsioni umane sono forze primordiali che conducono l’intera razza verso la rovina.
La filosofia del male:Devilman come allegoria esistenziale
Un aspetto spesso sottovalutato di Devilman è il suo straordinario valore allegorico. Il conflitto tra uomini e demoni, così come la caccia paranoica verso il diverso, rispecchiano le tensioni ancestrali dell’umanità: la paura dell’altro, il tribalismo, la violenza che nasce dall’incomprensione e dall’ignoranza. La storia diventa così una grande parabola sulla fragilità sociale e sull’inevitabile fallibilità delle società umane, che anche di fronte all’ignoto preferiscono l’autodistruzione alla comprensione. La progressiva degenerazione della civiltà, fino alla distruzione totale, richiama inquietanti echi della storia contemporanea, dal rischio nucleare ai fanatismi ideologici.
L’eredità culturale e le rivisitazioni moderne
L’impatto di Devilman si riverbera ben oltre il suo periodo originale. Opere derivate come Devilman Crybaby, dirette dal regista Masaaki Yuasa, hanno saputo aggiornare e reinterpretare la storia per un nuovo pubblico, mettendo in luce l’incredibile attualità dei temi trattati da Nagai: discriminazione, identità, violenza di massa e apocalisse. Inoltre, lo stile visivo e narrativo di Nagai ha aperto la strada a una nuova generazione di autori disposti a rischiare, ad affrontare le zone d’ombra dell’animo umano senza filtri. Ancora oggi, il manga viene riproposto in edizioni di pregio e analizzato da critici di tutto il mondo come una delle pietre miliari della letteratura disegnata.
La caduta: un’opera estrema senza speranza
La seconda metà del manga precipita nel caos: l’umanità si autodistrugge, i Devilman si alleano agli uomini, ma il fanatismo e la paura portano a massacri e tradimenti. Miki, simbolo di purezza e di amore impossibile, viene uccisa barbaramente dagli uomini stessi — una scena di enorme impatto visivo e drammatico. La guerra tra Devilman e demoni si trasforma in una metafora apocalittica della distruzione totale, in cui ogni barlume di speranza viene annientato. Nel devastante finale, Ryo rivela di essere in realtà Satana, incarnato sulla Terra per odiare Dio e riprendersi il proprio posto. Ma quello che trionfa non è la vendetta, bensì il rimorso e il lutto: Satana piange sulle spoglie di Akira, il suo unico vero amore, consapevole della propria colpa e della vanità dell’odio.
Eredità e impatto: la rivoluzione di Devilman
Devilman non è solo un manga di mostri e combattimenti: è un’opera radicale che riflette sui grandi traumi della contemporaneità — guerra, paura, discriminazione, potere della massa, autodistruzione — ponendo domande ancora attuali. La sua influenza si è fatta sentire nel body horror, nell’animazione (dall’anime classico a Devilman Crybaby), nella cultura popolare, e anche nei modi in cui il manga giapponese ha saputo affrontare temi adulti, sessuali e politici. Ancora oggi, dopo più di cinquant’anni, Devilman rimane una delle storie più potenti, disturbanti e significative mai partorite dal fumetto mondiale.
Consigli di lettura e conclusione
La recente riproposta editoriale — come l’edizione “The Classic Collection” di Seven Seas o il volume unico J-Pop in Italia — consente di recuperare l’opera nella sua forma originale e integrale, spesso impreziosita da splendidi volumi cartonati e da una traduzione curata. Chi si avvicina a Devilman deve prepararsi ad affrontare una lettura senza mezzi termini: pessimismo, crudezza, e vero e proprio caos. Ma chi resiste e si lascia travolgere, scoprirà un capolavoro anarchico e insuperabile, ancora oggi capace di sconvolgere ed emozionare. In un mondo dominato dalla superficialità della cultura pop, Devilman resta la prova concreta che i manga possono essere anche tragedia, riflessione e arte disturbante.
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