Liberi nel Deserto: la recensione di West of Babylonia di Emanuele Mengotti
“West of Babylonia” è l’opera prima del regista Emanuele Mengotti, un documentario che trasporta gli spettatori nella singolare comunità di Slab City, un microcosmo situato nel deserto californiano, dove le convenzioni sociali e le norme della società americana vengono scambiate per libertà. Attraverso il suo sguardo sensibile e penetrante, Mengotti delinea un affresco variegato di vite emarginate, esplorando la complessità e le contraddizioni di questo spazio abitato da libertari, hippy, neonazisti, artisti e fuorilegge. Il film sarà proiettato il prossimo 19 febbraio durante un evento speciale al cinema La Compagnia di Firenze alla presenza del regista, dell’attore Maurizio Lombardi e della nostra redattrice, la giornalista Laura Della Corte.
Il Mondo di Slab City
Il docufilm rivela una realtà cruda: Slab City è un luogo dove si vive senza acqua corrente né elettricità, costringendo i suoi abitanti a fronteggiare quotidianamente le sfide del deserto improduttivo. Questa comunità è composta da circa 400 persone durante l’estate e fino a 4.000 in inverno, creando un mix eclettico di vite che si intersecano tra le dure condizioni ambientali e un forte desiderio di indipendenza. Attraverso uno stile di osservazione e cinema verità, Mengotti riesce a immergere lo spettatore in un mondo che altrimenti sarebbe inaccessibile, consentendo a questi individui di raccontarsi liberamente, senza filtri e senza giudizi esterni.
Libertà e Vita ai Margini
Una delle scelte più affascinanti di Mengotti è stata quella di seguire il “Prom”, un ballo di fine anno che, in questo contesto, assume significati di riscatto e celebrazione dell’esistenza. Questo evento, che vede la partecipazione di tutti, dai giovani agli adulti, diventa un simbolo di speranza e unità, una rarità in una vita caratterizzata dalla segregazione sociale e dalla precarietà. Nonostante le avversità quotidiane, il “Prom” dimostra che la comunità di Slab City conserva la capacità di festeggiare, trasformando un momento di transizione in un atto di resistenza e di connessione.
Il Prom: Un Momento di Riscatto
Rispetto alla vita disperata che si vive a Slab City, il “Prom”rappresenta una boccata d’aria fresca, un’opportunità di evadere dalla dura realtà. Gli abitanti si adornano e partecipano a questo evento collettivo, dimostrando una forte capacità di resilienza. In questo modo, il film segue un filo conduttore emotivo che non solo racconta le storie individuali, ma illumina anche i legami umani che si formano in un contesto di profonda solitudine.
Stile Visivo e Narrazione
La cinematografia, realizzata in collaborazione con il direttore della fotografia Marco Tomaselli, offre una narrazione visiva che combina grandezze epiche a momenti di intimità. Le riprese aeree, realizzate con droni, permettono di contestualizzare visivamente la comunità di Slab City all’interno del vasto e arido deserto circostante. Al contempo, le inquadrature ravvicinate sui volti segnati dagli anni e dalle esperienze degli abitanti rendono palpabili le loro emozioni e storie, creando un legame immediato con il pubblico. Questa dualità di vedute non solo cattura la bellezza del paesaggio, ma evidenzia anche la fragilità e la resilienza degli “Slabber”.
Voci Senza Filtri
Un aspetto intrigante che emerge è il contrasto tra l’idealizzazione della libertà e le dure realtà di vita a Slab City. Mengotti, nel suo approccio documentaristico, evita la tradizionale narrazione romantica, mostrando invece le complessità e le sfide quotidiane degli individui. Le storie di vita degli “Slabber” vengono presentate senza giudizi esterni; il regista riesce a creare uno spazio sicuro dove i protagonisti possono condividere le loro esperienze autentiche. Da discussioni sugli ideali di libertà fino a riflessioni sulle dipendenze e la solitudine, il film si tinge di umanità, emozionando e invitando alla riflessione.
La Dura Realtà della Libertà
La vita a Slab City, mentre è vista come un rifugio dalla società convenzionale, porta con sé le sue complessità e sfide. I residenti, che si definiscono “Slabber”, vivono in una condizione di vulnerabilità, esposti agli elementi e senza alcuna forma di supporto governativo o sociale. Mengotti non esita a mostrare le crudeli realtà di questa esistenza: dal consumo di sostanze stupefacenti, spesso usate come meccanismi di coping, all’assenza di risorse sanitarie adeguate. Questo porta a interrogativi profondi sulla natura della libertà: è veramente libertà vivere al di fuori delle convenzioni, o è solo un’altra forma di isolamento? La domanda centrale che sorge è se la vera libertà possa esistere in un contesto di così intensa precarietà e vulnerabilità.
Interazione con la Modernità
Un elemento significativo che emerge nel documentario è come, nonostante il desiderio di sfuggire alla società moderna, Slab City non può completamente ignorare il mondo esterno. Durante il film, vediamo i residenti confrontarsi con le influenze di una civiltà che su di loro impatta in modi inattesi — dall’arrivo di turisti attratti dalla Salvation Mountain, un’opera d’arte simbolica nel cuore del deserto, alle interazioni occasionali con la polizia e la presenza di operazioni militari nelle vicinanze. Queste interazioni rivelano che, anche in questo angolo remoto d’America, i legami con il mondo esterno si fanno sentire, creando una tensione tra isolamento e interconnessione. La disillusione di alcuni membri della comunità, che riflettono su come questi contatti con il mondo esterno influenzino la loro esistenza, aggiunge un ulteriore strato di complessità al racconto.
Un Messaggio di Speranza
Malgrado le dure realtà, “West of Babylonia” riesce a mantenere un messaggio intrinseco di speranza e resilienza. La comunità, pur nella sua eccentricità, mostra legami profondi tra i suoi membri che non si limitano solo alla sopravvivenza, ma si estendono a una continuità di sostegno reciproco e celebrazione delle vite. Il film ritrae momenti di magia e bellezza, come le feste, le esperienze artistiche e i riti collettivi, che rivelano che, indipendentemente dalle circostanze, la vita trova sempre un modo per esprimersi e celebrare la sua esistenza.
“West of Babylonia” è un’opera che offre uno sguardo profondo e commovente su una realtà spesso ignorata. Emanuele Mengotti, attraverso la sua esperienza personale e il suo legame con il sogno americano, riesce a raccontare storie di chi ha trovato la libertà lontano dallo sfarzo della società contemporanea. La sua abilità nel fondere la poesia cinematografica con l’osservazione cruda rende questo film imperdibile per chi desidera esplorare i confini dell’identità, della cultura e della libertà nel cuore dell’America. “West of Babylonia“ emerge così non solo come un racconto di vita ai margini, ma anche come un’interrogazione sui valori e le scelte della società contemporanea, invitando il pubblico a riflettere sulla vera essenza della libertà e sull’equilibrio tra isolamento e comunità.
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