Big Sky, una storia che arriva da lontano
“Per introdurre questa storia, lasciatemi dire che incorpora tutto. È oltre il fuoco, anche se pochi saprebbero cosa significa. È una storia di molti, ma comincia con una persona. E la conoscevo. Quella che è alla guida di molti è Laura Palmer”. Esattamente trentun anni fa oggi, l’8 aprile 1990, sulla rete ABC debuttava la serie che avrebbe riscritto la storia della televisione.
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Le parole della mitologica Signora-Ceppo risuonano ancora nelle orecchie degli appassionati di David Lynch. Nell’arco di due stagioni, Twin Peaks ha reinventato un genere: il suburban gothic, racconto televisivo che squarcia quello che Schopenhauer chiamava il velo di Maya per scoprire cosa si celi dietro la facciata intonsa del sogno americano, contraddistinto da piccole comunità di villette a schiera e staccionate bianche.
“Chi ha ucciso Laura Palmer?” è stato il tormentone di inizio anni Novanta. Com’era possibile che qualcuno volesse così male all’adorabile reginetta del ballo interpretata da Sheryl Lee? I segreti della cittadina di Twin Peaks erano tanti, come scoprì il detective Dale Cooper (Kyle McLachlan), e non sono bastati un film-tv e una terza stagione revivial per spiegarli tutti.
A conquistare il pubblico, più di tutto, fu un’idea. Conosciamo davvero i nostri vicini di casa, e dormiremmo ancora sonni tranquilli se scoprissimo il lato oscuro del sogno americano? La premessa che rapì il pubblico televisivo di tutto il mondo tornò poco più di dieci anni dopo con Desperate Housewives. Debuttando insieme a Lost e Grey’s Anatomy, la serie di Marc Cherry mutuò le stesse inquietudini di Twin Peaks, nello stato di Washington, per traslocarle a Wisteria Lane.
“Perché Mary Alice si è uccisa?” è la domanda che Susan, Bree, Lynette e Gabrielle si pongono nel corso della prima stagione della serie. Stavolta non ci sono elementi soprannaturali o logge rosse, ma la strisciante consapevolezza di un’America sull’orlo di una crisi economica, pronta a prendersela con il vicino qualora l’erba di quest’ultimo fosse, in effetti, più verde.
Arriviamo all’inizio di questo decennio, e la rete ABC riesce a mettere a segno un piccolo miracolo. Girare, in piena pandemia, una serie inedita senza averne visto nemmeno un pilot, e assicurarsi il primo trionfo televisivo della sciagurata stagione 2020-2021. Per farlo, attinge alle lezioni imparate dai suoi maggiori successi.
Com’è nata Big Sky
Ha esordito martedì 23 febbraio in Italia Big Sky, la serie originale Star parte del sesto brand di intrattenimento generale di Disney+, disponibile ogni venerdì con un episodio inedito.
La serie tv trae spunto dal romanzo “The Highway” di C. J. Box, scrittore americano che ha sviluppato due saghe narrative sui personaggi di Cassie Dewell e Cody Hoyt. L’adattamento è affidato a David E. Kelley, re Mida della serialità americana.
Oltre ad avere realizzato pietre miliari della tv di Fox con successi come Ally McBeal e Boston Legal, Kelley è recentemente tornato alla ribalta grazie a due trasposizioni targate HBO: Big Little Lies, dal romanzo di Liane Moriarty, e The Undoing, dal libro di Jean Hanff Korelitz.
Per realizzare Big Sky, Kelley ha creato delle storie inedite congegnate specificatamente per la serie televisiva. Il titolo fa riferimento al soprannome dello Stato del Montana, conosciuto come “la terra dei grandi cieli”.
Una curiosità: al di là delle sequenze panoramiche che mostrano il Montana in tutta la sua maestosità, la serie è gira a Vancouver, un cambio di set rispetto al Nevada, la location inizialmente scelta, deciso nel pieno della pandemia.
Trama e personaggi di Big Sky
Gli investigatori privati Cassie Dewell (Kyle Bunbury, già vista nell’ottimo Pitch su Fox) e Cody Hoyt (Ryan Philippe, indimenticato protagonista di Cruel Intentions) si ritrovano a unire le forze con la moglie di quest’ultimo, l’ex poliziotta Jenny Hoyt (Katheryn Winnick, volto di Lagertha in Vikings) per un’indagine dai risvolti allarmanti.
L’ambientazione potrebbe ricordare Twin Peaks, ma la città in questione si chiama Helena, nello Stato del Montana. Danielle (Natalie Alyn Lind, la rivedremo nel prossimo Gossip Girl) è diretta a casa del fidanzato Justin (Gage Marsh), il figlio di Cody e Jenny. Ad accompagnarla c’è la sorella minore Grace (Jade Pettyjohn, Little Fires Everywhere).
Purtroppo non arriveranno mai a destinazione. Il camionista Ronald Pergman (Brian Geraghty, The Alienist), 38enne complessato e vessato da una madre problematica, rapisce le due sorelle e la sex worker Jennie (che ha il volto di Jesse James Keitel, attrice non-binary tra le poche ad avere un ruolo di primo piano in una serie tv americana).
Quando Cody intuisce che la vicenda delle sorelle Sullivan potrebbe non essere un episodio isolato, il detective privato ripercorre tutti i casi di donne scomparse nei pressi delle stazioni di servizio del Montana. La pista lo condurrà a formulare un identikit, quello di un camionista di lunga tratta, e a conoscere Rick Legarski (il sempre mostruosamente bravo John Carroll Lynch, Dexter), membro della pattuglia autostradale del Montana.
Senza peccare di spoiler, alla fine del primo episodio Big Sky avrà, molto probabilmente, ribaltato le aspettative di chi guarda. Quello che si apre come un crime a sfondo famigliare che segue la falsariga di Twin Peaks con alcuni elementi del genere poliziesco buddy-cop, si rivela un thriller in grado di sovvertire il genere che omaggia.
A differenza di Twin Peaks, l’espediente del “Whodunit”, cioè “Chi è stato?”, si azzera già nell’arco del primo episodio. Il pubblico apprende l’identità degli antagonisti e li vede all’opera. La tensione narrativa non deriva dalla ricerca, e conseguente scoperta, del colpevole, bensì dai risvolti della loro psiche.
Le giovani rapite sono scelte tra le più vulnerabili e prese di mira sulla base delle loro esistenze marginalizzate. Come le definisce Rick Legarski, “Donne di cui nessuno sentirà la mancanza”. Non sono reginette di bellezza come Laura Palmer o casalinghe immacolate come Mary Alice Young, le vittime del camionista Ronald Pergman.
Proprio per questo, Cassie Dewell e Jenny Hoyt sentono la necessità di fare qualcosa. Mettendo da parte le loro divergenze e i loro trascorsi belligeranti, le due investigatrici si impegnano per ottenere giustizia, nel nome di tutte quelle donne che non l’hanno potuta avere.
Il terzo elemento inedito di Big Sky è rappresentato dall’arco narrativo. L’indagine al centro della serie si conclude con il nono episodio, disponibile su Star dal 9 aprile. I restanti sette episodi della prima stagione anticipano l’introduzione di un nuovo mistero.
Se Twin Peaks ha aspettato una stagione e mezza prima di rispondere alla domanda “Chi ha ucciso Laura Palmer?”, e Desperate Housewives spalmava i suoi intrighi su nove mesi di programmazione, Big Sky fa tesoro della consapevolezza che, per la tv nell’era dello streaming, less is more.
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