Su Disney+ in streaming arriva “Nomadland”, il film vincitore di tre premi Oscar
Tu sei tra i più fortunati che possono viaggiare ovunque,
e a volte vi chiamano nomadi.
È con questa premessa che Nomadland, il terzo lungometraggio della regista Chloé Zhao dopo Songs My Brothers Taught Me e The Rider, trionfa alla Notte degli Oscar 2021 aggiudicandosi ben tre premi per le categorie “Miglior film”, “Miglior regista” e “Miglior attrice protagonista”.
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Il film si avvale dell’interpretazione di un’incredibile Frances McDormand, attrice già due volte premio Oscar nel 1996 e nel 2018, rispettivamente per Fargo e Tre manifesti a Ebbing, Missouri.
In Nomadland, il film che le è valso la sua terza statuetta, McDormand propone la ruvida e allo stesso tempo struggente interpretazione di Fern.
Nelle sale italiane a partire dal 29 aprile, Nomadland arriva anche in streaming in esclusiva nella sezione Star di Disney+ da venerdì 30 aprile.
Di cosa parla il film di Chloé Zhao
Il film è basato sull’articolo della giornalista Jessica Bruder pubblicato da Harper’s Magazine nel 2014 e poi divenuto libro: “Nomadland. Un racconto d’inchiesta” è edito in Italia da Edizioni Clichy.
La pellicola, girata in quattro mesi nell’autunno 2018, è costata 5 milioni di dollari. Nonostante la chiusura dei cinema in tutto il mondo imposta dalla pandemia, al botteghino globale Nomadland ha già incassato 6 milioni e mezzo di dollari, una cifra destinata a crescere in vista delle riaperture e a seguito del trionfo agli Academy Award.
La delicata ma potente opera diretta da Chloé Zhao si era già rivelata un successo lo scorso settembre alla 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Alla kermesse del Lido, il film si aggiudicò il Leone d’Oro.
Cosa rende così speciale questa pellicola? Sarà forse l’idea di allontanarsi dalla società convenzionale alla ricerca di una nuova esistenza, oppure è la rivelazione di uno stile di vita nascosto e quasi sconosciuto, ma reale e sofferto?
Un dilemma, quello che il film suscita nello spettatore, che si dipana assieme alla decisione della sessantenne Fern (McDormand) di mettersi al volante del proprio furgone, destinazione ignota. Dopo il fallimento economico della città aziendale dove viveva, la protagonista capisce di dover dare una svolta alla propria vita.

Nomandland è un racconto di seconde occasioni. Fern è giunta alla soglia della terza età: invece di pregustarsi la pensione, non ha altra scelta che continuare a lavorare per vivere. Riuscirà però ad invertire il paradigma: prendendo in mano la propria vita, Fern smetterà di vivere per lavorare.
Rifiutandosi di essere relegata ai margini di un sistema capitalistico che vede le persone sessantenni, specialmente se donne, periferiche rispetto al protagonismo sociale, Fern accoglie il cambiamento e la precarietà rendendole uno stile di vita: qui e ora sono le uniche coordinate del suo viaggio.
Lasciate alle spalle il Nevada rurale e desolato, Fern inizia la sua nuova vita da nomade moderna, riscoprendosi una donna coraggiosa e determinata alla ricerca di un lavoro temporaneo per ogni nuovo posto raggiunto. Lungo la strada saranno tanti gli ostacoli che incontrerà, ma a coglierla alla sprovvista saranno più i momenti di silenzio e solitudine.
Nel profondo Ovest della nostra anima

Fern saprà gestire e fare propria questo ritrovato spazio di contemplazione grazie anche agli insegnamenti appresi dai suoi compagni di viaggio. Persone che come lei hanno perso tutto ma non per questo si sono fermate. Nevada, Idaho, New Mexico, California sono alcuni dei paesaggi dell’Ovest americano raccontati con grande potenza visiva dalla regista, e resi ancora più suggestivi dalle musiche evocative della colonna sonora.
Le note di Ludovico Einaudi prendono forma trasformandosi nei sottili lineamenti di quel viaggio che non ha mai fine ma che si ripete di anno in anno, come ad inseguire il flusso migratorio degli stormi, alla ricerca del caldo o del calore di una compagnia.
Il tragitto porterà Fern a riscoprirsi piccolissima rispetto alle larghe inquadrature di paesaggi in cui decide di perdersi e sostare, ma che allo stesso tempo la libera dall’iniziale idea terrena di sé. Fern non è più un’anima ferita in balia del passato, ma torna a essere viva, parte integrante di quelle nuvole bianche e di quella terra rossa del deserto a lungo attraversata con il suo van.
Spesso vediamo il volto di Frances McDormand perdersi nelle sfumature del tramonto, calzante metafora e tecnica cinematografica che Zhao utilizza per dimostrare che è possibile fuggire dalla società produttiva e trasformarsi in universo, rinascita e vita.
Il messaggio di Nomadland potrebbe riassumersi proprio in una grande esortazione alla vita, una presa di coscienza che ci invita a distaccarci dal proprio corpo e dalla società che lo inghiotte e lo risputa ogni giorno, a ciclo perenne. La pellicola ci sfida a mettere in discussione anche il nostro concetto di casa, da non intendersi più come una proiezione fisica del sé, bensì come un luogo dell’anima, abitato dai nostri ricordi.
“I’m not homeless, I’m just houseless”, afferma Fern ora che il furgoncino è diventato la sua casa e non esiste in lei più alcun bisogno di appartenere a qualcosa che non si trovi già nei piccoli spazi segreti del suo van, sotto i tramonti, attorno al fuoco, lungo la strada.
Quanto ai prossimi progetti di Chloé Zhao, ritroveremo la regista cinese dietro la cinepresa di The Eternals, il prossimo film Marvel in arrivo a novembre nelle sale di tutto il mondo.
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