Prima che la notte prima puntata 23 maggio: anticipazioni
Nel 1980, Pippo Fava, giornalista italiano, decide di tornare a Catania, nella sua terra natale, per fondare una sua testata ed essere libero di scrivere senza censure. Il suo giornale, ben presto, diventa una vera impresa con attorno una scuola di giornalismo, improntata sulla più assoluta libertà d’opinione e sulla lotta alla mafia.
Il 5 gennaio 1984 Giuseppe Fava viene assassinato da quei mafiosi contro cui aveva tanto lottato durante la sua vita. 5 proiettili di calibro 7,65 arrivarono dritti alla nuca, facendolo morire sul colpo. Il suo ricordo, però, è sempre stato vivo.
Chi è Giuseppe Fava:
Personaggio carismatico e apprezzato in tutta Italia, Giuseppe Fava è stato uno dei più grandi giornalisti della nostra nazione. Nato a Siracusa e laureatosi in giurisprudenza nel 1943 nel ’52 è diventato giornalista professionista.
Ha iniziato la carriera da giornalista in ambito sportivo, sulle testate Sport Sud, La Domenica del Corriere, Tuttosport e Tempo Illustrato di Milano. Ha lavorato anche nell’Espresso Sera e nel 1980 ha iniziato a dirigere il Giornale del Sud, punto di partenza della nostra storia.
“Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono dei ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e impone una taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba di piccola criminalità che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico e importante” diceva Fava.
Quando nel 1984 è stato assassinato, infatti, la stampa e la polizia non riconobbero la sua morte come delitto di mafia ma, anzi, etichettarono l’omicidio come “passionale” poiché il calibro della pistola non era quella solitamente utilizzata dai mafiosi.
Nonostante i tentativi dei politici catanesi di nascondere la realtà dei fatti, furono avviati dei provvedimenti giudiziari contro i “quattro cavalieri”. Sono stati infatti condannati all’ergastolo il boss Nitto Santapaola, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso come organizzatori e Aldo Ercolano e Maurizio Avola come esecutori.
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