Babylon, il film diretto e scritto da Damien Chazelle è in sala a partire dal 19 gennaio 2023. Paramount Pictures presenta una produzione Marc Platt, Wild Chickens e Organism Pictures distribuita da Eagle Pictures. Il regista di La La Land e Whiplash realizza un racconto memorabile ambientato nella Los Angeles degli anni ’20. Babylon è una storia di ambizioni smisurate e di eccessi oltraggiosi, che ripercorre l’ascesa e la caduta di molteplici personaggi in un’epoca di sfrenata decadenza e depravazione nella sfavillante Hollywood.
Il ricco cast corale è composta da Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jean Smart, Jovan Adepo, Li Jun Li, P.J. Byrne, Lukas Haas, Olivia Hamilton, Tobey Maguire, Max Minghella, Rory Scovel, Katherine Waterston, Flea, Jeff Garlin, Eric Roberts, Ethan Suplee, Samara Weaving, Olivia Wilde.
Babylon, la recensione
Damien Chazelle è il più giovane regista ad aver vinto un Oscar (2017, La La Land) e per molti considerato il presente e futuro del cinema. Dopo il passo falso di First Man, il suo nuovo film Babylon realizza uno straordinario lavoro di riscrittura e decostruzione della storia del cinema. Siamo sul finire degli anni ’20. Un produttore cinematografico, magnate dell’industria sta organizzando una delle sue imponenti feste in pieno stile Grande Gatsby. A questo party tutto è concesso. Ogni tipo di droga, alcool, sesso, gioco d’azzardo, ogni perversione e libertà della mente più profonda è lasciata andare. Non mancano persone in overdose, orgie, il tutto cinto dalla musica jazz esibita live.
Nel cortile adiacente la festa, una donna arriva con la sua auto – rubata – e si schianta contro una statua. Dice di essere un’attrice e di avere l’invito. La donna dice di chiamarsi Nellie LaRoy (Margot Robbie), che grazie all’aiuto del tuttofare di casa, Manuel Torres (Diego Calva) riesce ad entrare e a dare spettacolo ballando trai tavoli. Balli sfrenati ed esplicite effusioni sensuali fanno da cornice per una festa che è solo il preludio, un lungo prologo di un film che parte a mille all’ora, senza darti respiro.
Chiamatemi la ragazza selvaggia
«Quando mi sono trasferito a Hollywood, le stelle su tutte le porte dicevano “Vietato l’ingresso agli attori e ai cani”: io ho cambiato le cose». Anche Manny aspira a lavorare nel cinema e grazie a un incontro fortuito con il divo Jack Conrad (Brad Pitt), si ritrova su un set di un film in costume. Nellie e Manuel si ritroveranno a destreggiarsi tra scandali, abusi sessuali, denunce, eccessi e misteri che ancora oggi popolano il mondo dello star system.
Nellie LaRoy è una ragazza che arriva dal New Jersey, ha un talento innato, tenuto nell’ombra per tanto tempo, ma che non riesce a distaccarsi dal suo essere estrosa ed esuberante, facendo fatica ad allinearsi con il bon ton dell’industria cinematografica. Diverse scene vedono Margot Robbie protagonista e sicuramente sono già iconiche per la sua interpretazione – ancora una volta – esemplare. Nellie ha un un passato difficile, porta con sé le conseguenze di quello che ha subito e nonostante ci provi, i problemi tornano da lei. Il desiderio di essere una stella sommato alla sua consapevolezza di esserlo sempre stata, rappresentano al meglio il suo carattere decadente e forse anche dandy. Margot Robbie è una mina vagante. Balla, sniffa cocaina, beve, gioca d’azzardo e in un paio di scene ha rievocato due suoi personaggi di film precedenti. Nella dinamica della storia, Nellie LaRoy ricorda sia l’ascesa e la conseguente caduta di Tonya Harding (Tonya, 2018) e Sharon Tate (C’era una volta a Hollywood, 2019),nella scena in cui va a vedersi al cinema.
L’avvento del sonoro
La prima parte del film Babylon è uno spettacolo tecnico di fotografia, regia e musica. Chazelle anche per questo film si affida ai collaboratori di fiducia Linus Sandgren (direttore della fotografia) e Justin Hurwitz (già vincitore del Golden Globe). La sequenza di meta-cinema dove vediamo il corso delle riprese del film che vede protagonista Jack Conrad, è una poesia cinematografica. Piani sequenze e grandangoli ci mostrano un’epica battaglia, con le tecnologia del tempo, con tanto di complesso musicale che suona dal vivo in presenza sul set. Gli incidenti non sono pochi e nella loro rappresentazione, risultano così grotteschi che fanno scattare un sorriso, nonostante ci scappi il morto.
“Buona notte, amore mio”
Se in La La Land il suono, la musica erano la parte romantica, amica e amorevole della storia, nel film Babylon l’avvento del sonoro è visto quasi come un ostacolo. Le difficoltà della gestione di questo cambiamento è ben rappresentata sia nella parte tecnica, pratica dei lavoratori – anche uno starnuto può essere incisivo -, sia negli attori del cinema muto e il rapporto con la loro voce. Dall’apice, dall’ascesa dei divi e dive protagonisti e i volti delle major, il declino delle loro carriere è stato drastico. C’è il cambiamento, ci sono nuove figure (i fonici), ma al tempo stesso la consapevolezza che l’industria sta cambiando e non si può più tornare indietro.
In questa macchina che evolve e prosegue a testa bassa, chi ha le intuizioni va avanti. Se rimani indietro sei perduto. Questo è il caso di Manny che ha la brillante idea di mettere in scena i musicista (tutti jazzisti neri), creando un nuovo tipo di intrattenimento. Da qui si sviluppa l’avvento del suono con la citazione al film che ha segnato la nascita del cinema sonoro, Il cantante di Jazz.
Razzismo, attori che si truccano per sembrare ancora più neri, matrimoni labili e finti, tutti elementi di un mondo apparentemente magico. In realtà, è un luogo concettuale dove è presente anche la morte, più volte menzionata come qualcosa di finto, inscenato sul set, ma che esiste.
Un climax che sembra non avere fine
Chi non ha mai sognato Hollywood? La visione di Chazelle che ricostruisce una storia del cinema attraverso anche immagini di repertorio, ci regala qualcosa che non è mai stato più chiaro di così. Si ride, si piange, c’è anche dell’horror e un insolito Tobey Macguire, ma Babylon rimane sicuramente un passo evolutivo nella produzione di Chazelle. Dopo il flop di First Man il regista è riuscito a sollevarsi, scrivendo e dirigendo qualcosa di folle ma al tempo stesso riflessivo. Su di un tempo in cui il cinema è stato fondamentale per l’industria mondiale ma rivelando realtà macabre e oscure che noi spettatori spesso non vogliamo vedere.
Singin’ in the rain
In 3 ore e 5 minuti di film, Babylon sembra non riuscire a chiudere mai un climax avviatosi all’inizio della storia, verso una chiusura che ricorda il cinema di Kubrick più di ogni altra cosa. L’edonismo di un Hollywood che non esiste più, in una visione di Singin’ in the Rain differente, ipnotica ma commovente. Una visione, quella di Chazelle che fa riflettere sul fatto che ogni tempo necessita di un narratore per rinfrescarci la memoria su cosa è stato. Per capire quanto in alto si è arrivati e quanto, ora, si è diventati obsoleti. Nel caso del cinema, schiavo e devoto alle richieste dei produttori.
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