Empire of Light, la recensione del film di Sam Mendes
Empire of Light, il film Searchlight Pictures scritto e diretto dal vincitore dell’Academy Award Sam Mendes, nelle sale dal 2 marzo, distribuito da The Walt Disney Company Italia.
Ambientato nei primi anni Ottanta all’interno e nelle vicinanze di un vecchio cinema in una cittadina costiera dell’Inghilterra, il film segue Hilary (Olivia Colman), la vicedirettrice dell’Empire che deve fare i conti con la sua salute mentale. Stephen (Micheal Ward), un nuovo dipendente che sogna di fuggire da questa cittadina provinciale in cui deve affrontare avversità quotidiane. Sia Hilary che Stephen trovano un senso di appartenenza attraverso la loro dolce e improbabile relazione, sperimentano il potere curativo della musica, del cinema e della comunità.

“Molte persone ritengono che i loro anni più formativi siano stati quelli dell’adolescenza. Ho vissuto la mia adolescenza tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta: la musica, i film e la cultura pop di quel periodo hanno contribuito in larga parte a formare la persona che ero. Fu un periodo di grandi sollevazioni politiche in Regno Unito, con molte politiche razziali controverse che infiammavano gli animi, ma allo stesso tempo fu un periodo meraviglioso per la musica e per la cultura in generale”.
Empire of Light è film che il regista Sam Mendes ha scritto in pieno lockdown, e si vede. Probabilmente il lavoro più intimo del regista di 1917 e Revolutionary Road che ha condiviso la sceneggiatura in primis con la produttrice Pippa Harris.
“Questa è la prima sceneggiatura che Sam ha scritto da zero, completamente da solo, senza l’apporto di altri sceneggiatori. La scrittura è davvero straordinaria, soprattutto nel modo in cui riesce a delineare i personaggi. È la storia di un’anima perduta che trova una strana famiglia all’interno di un cinema”. Avendo avuto a che fare personalmente con le malattie mentali all’interno della sua famiglia, Mendes ha basato il personaggio sui suoi ricordi.
Il film più intimo di Sam Mendes
Mendes afferma che il ruolo di Hilary è stato scritto appositamente per Olivia Colman. Il regista, mentre aveva iniziato a scrivere la sceneggiatura durante la pandemia, stava guardando The Crown. “Olivia era fantastica in quella serie e così ho pensato ‘Vorrei che fosse lei a interpretare Hilary’. Non la conoscevo molto bene, ma ho comunque iniziato a scrivere la sceneggiatura pensando a lei per il ruolo della protagonista”.
Hilary è una donna che convive con una malattia mentale. Mendes e Colman hanno creato un personaggio sensibile, sfaccettato, gentile e complesso. Dall’altra parte, Stephen è inesorabilmente ottimista anche di fronte a tutte le difficoltà che deve affrontare, dalle politiche della Thatcher che limitano le sue opportunità, alla violenza degli skinhead che lo minaccia ogni giorno.

Temi ambientati negli anni Ottanta che ritroviamo – tristemente – ancora molto attuali. Gli echi del cinema sono presenti e per gli amanti del luogo sacro della sala cinematografica, Empire of Light è un tripudio alla nostalgia della moquette e dei pop-corn. Ho sempre paragonata la stanza del proiezionista alla cabina dei piloti di un aereo. Fin dai primi minuti, Mendes ci regala una sequenza di dettagli di Olivia Colman che apre il cinema. Accende le luci nelle sale e le inquadrature sui dettagli, lo stile, la precisione simmetriche di quello che ci regala il regista è puro cinema stilistico di un premio Oscar. (Da notare la moquette con un motivo che ricorda l’Overlook Hotel di Shining). Per chi come il sottoscritto ha lavorato – o lavora – in un cinema, l’empatia è alle stelle, nelle dinamiche tra i collaboratori del multisala e nel modalità di lavoro.
Empire of Light candidato per miglior fotografia
In Empire of Light, Mendes torna a lavorare con uno dei suoi più importanti collaboratori: Roger Deakins (1917, Blade Runner 2049, Skyfall, Le ali della libertà). Direttore della fotografia candidato a 15 premi Oscar e premiato con due Academy Award, giunto alla sua quinta collaborazione con Mendes, nominato anche ai prossimi del 13 marzo 2023.
La magia del cinema, la musica, la poesia possono salvarci ancora: questo è il messaggio che vuole lasciare il regista. La stessa Hilary, devota al lavoro per distrarsi dalla sua vita complicata, come risposta ai traumi del passato, vive nel cinema, ma non ha mai visto un film. “È per i clienti”. Sarà lo stesso Stephen ha darle una scossa di vita, insieme alla scoperta della musica 2 tone: un genere musicale, che all’epoca si trovava all’apice del successo: una combinazione molto particolare tra il punk e lo ska.

Colonna sonora
La musica è un elemento portante di Empire of Light. Canzoni scelte dallo stesso Mendes che risalgono agli anni della sua adolescenza nel Regno Unito. Brani non originali della musica anni Ottanta, Settanta e Sessanta che si uniscono alle composizioni originali dei vincitori dell’Oscar Tren Reznor e Atticus Ross.
La traccia musicale di cui Reznor e Ross vanno particolarmente fieri è quella della sequenza in cui Hilary apre l’Empire. Nella sceneggiatura, Mendes aveva scritto che la scena sarebbe stata accompagnata da un brano del pianista jazz Bill Evans. “Quando ho sentito quel brano all’inizio del film, ho provato una sensazione di nostalgia e conforto, e ho pensato che funzionasse bene. Ma come compositori, abbiamo pensato che forse avremmo potuto rimpiazzare quel brano con una composizione originale, qualcosa che fosse meno nostalgico e meno facile da definire. Il nostro obiettivo era modificare le aspettative del pubblico nei confronti del film”.

Il risultato è decisamente riuscito e – personalmente – guarderei minuti se non ore di sequenze di questo tipo per puro rilassamento mischiato alla nostalgia. Se ad esso ci aggiungiamo una panoramica del proiezionista (interpretato da Toby Jones) intento a cambiare i rulli e a riavvolgere i nastri o trasportare le pizze, il risultato non può che essere soddisfacente. In conclusione, Empire of Light è sì una lettera d’amore ai film in generale, ma soprattuto a quelli proiettati in sala. L’emotività che regala il vedere un’attrice o un attore in un film commuoversi mentre guarda una pellicola è sempre fortissima e unica. “Quel piccolo raggio di luce è una via di fuga’, e credo che tutti gli esseri umani abbiano bisogno di fuggire dalle loro vite e scatenare la loro immaginazione per trovare un’altra parte di se stessi nei libri, nella musica, nel teatro o, in questo caso, nel cinema”.
Dopo tutto, questo film parla delle famiglie che creiamo attorno a noi per aiutarci ad affrontare la vita. Nel mondo in cui viviamo oggi è una cosa molto importante da ricordare.
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