Cocainorso, recensione del film di Elizabeth Banks
La recensione di Cocainorso, il film diretto da Elizabeth Banks, dal 20 aprile al cinema. Il thriller dalle sfumature comedy e horror nasce dalla vera storia di un orso nero morto di overdose.
Ispirato alla storia vera del 1985 dell’incidente aereo in cui un corriere della droga perde un carico di cocaina e un orso bruno la mangia, questa dark comedy feroce vede come protagonisti un gruppo stravagante di poliziotti, criminali, turisti e adolescenti che si ritrovano in una foresta della Georgia, dove un predatore enorme di 230 chili ha appena ingerito una quantità impressionante di cocaina e si aggira infuriato in cerca di altra droga… e di sangue. Cocainorso vede nel cast Keri Russell (The Americans), O’Shea Jackson, Jr. (Straight Outta Compton), Christian Convery-Jennings (Sweet Tooth), Alden Ehrenreich (Solo: A Star Wars Story), Jesse Tyler Ferguson (Modern Family), Brooklynn Prince (Un sogno chiamato Florida), Isiah Whitlock Jr. (BlacKkKlansman), Kristofer Hivju (Game of Thrones), Hannah Hoekstra (Charlie’s Angels, 2019) e Aaron Holliday (Sharp Objects), con la vincitrice dell’Emmy Margo Martindale (The Americans) e il vincitore dell’Emmy Ray Liotta (I molti santi del New Jersey), nella sua ultima apparizione prima della sua scomparsa.
Il film diretto da Elisabeth Banks ha tutte le caratteristiche per diventare un oggetto di culto, virale. Il suo successo oltreoceano ha scaturito la curiosità derivata, grazie all’idea di base del progetto. La regista si affida a un genere che conosce molto bene e lo modella evitando di creare schemi e tematiche troppo “seriose”. Lo scopo è divertirsi e far divertire il pubblico. L’obiettivo è stato – in buona parte – raggiunto.

Vendetta dell’orso sull’uomo
Il messaggio forte che arriva da Cocainorso è che gli esseri umani non possono mai prevedere la natura: il film inverte i ruoli. Non siamo di fronte all’uomo che caccia l’orso, ma viceversa e l’orso non risparmia nessuno. Il tutto questo accade quando un uomo getta da un’aereo chili e chili di cocaina nelle foreste attorno alla Blood Mountain, in Georgia.
Inizialmente non si capisce bene il ritmo che la regista vuole dare al film. Lo schema di introdurre i personaggi si ripete troppo spesso in un loop che porta lo spettatore a uno sforzo maggiore per superare la prima parte.
Una mamma single infermiera con una figlia 13enne e un suo compagno di scuola; un poliziotto di Knoxville, Tennessee, con un cane fancy; il tirapiedi del trafficante di St. Louis con le Air Jordan nuove di zecca che deve andare a recuperare la roba assieme al figlio del boss, in lutto per la morte della moglie; una ranger del parco naturale di Blood Mountain innamorata del naturalista di turno e tre strani ragazzini che compiono atti vandalici e aggressioni su quei sentieri con uno stile alla Trainspotting misto ai nichilisti del Grande Lebowski. I riferimenti alla cultura anni ’80 sono facilmente utilizzabili. Dalle Stranger Things vibes, a Twin Peaks e in una scena c’è anche una reference alla Bella e la Bestia.
Vibes anni ‘ 80
Tutti questi personaggi sono riuniti dalla polvere bianca, per svariati motivi che si intrecciano nei luoghi attorno alle montagne della Georgia. Il capanno del ranger, il gazebo nella foresta o la grotta dell’orso: il continuo sopraggiungere di personaggi permette una costante accelerata e sano intrattenimento. Tutti sono in pericolo, come in ogni film horror che si rispetti. Alcuni personaggi durano molto poco con delle morti alquanto esilaranti. Qui arriva la parte che spiazza, dove un momento di tensione e pericolo viene costruito su una scena che risulta comica e che diventa la forza del film.

Il classico cinema d’evasione
L’aver inserito un grosso numero di personaggi – con un grande cast – contribuisce a restituire l’orso in digitale meno posticcio di quello che potrebbe apparire ad una più accurata e duratura osservazione. Le diverse storie che si incrociano intorno alla tana dell’animale e all’interno del parco naturale, tra figli adolescenti da ritrovare e un gruppo di narcotrafficanti e poliziotti alla ricerca del carico incriminato, servono da cornice per evidenziare la stupidità e la non curante umana davanti ad una forza implacabile della natura.
Il tutto è arricchito da momenti eccessivi, come l’inseguimento da parte dell’animale di un’ambulanza in fuga, oppure il bagno di cocaina dell’orso, paragonabile alla danza di Winona Ryder nel ghiaccio in Edward Mani di Forbici.
Cocainorso è un film natural horror politicamente scorretto e sopra le righe. Un altro aspetto interessante è il fatto che la pellicola non tende mai troppo verso un unico genere. Con l’avanzare dei minuti ci si rende conto che siamo di fronte a un film che non è un semplice horror thriller di paura, ma anche puro divertimento. I riferimenti alla cultura del cinema di genere sono facili da accostare se pensiamo a Hitchcock, ma lo scopo della Banks è tutt’altro. Il classico cinema d’evasione che funziona per i suoi registri e schemi.
Paragonabile a una vendetta dell’orso sull’uomo. Cocainorso va a colpire una società inetta, male informata e irrispettosa di ciò che non conosce a fondo. “Gli orsi non possono arrampicarsi sugli alberi”. – “Certo che possono!”. – “Allora perché sei quassù?”.
Gli esseri umani diventano il vero animale in esposizione. Dopo tutto la base di partenza di questo progetto è la storia di colui che in America è noto com Cocaine Bear o Pablo Escobear.
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