Omicidio nel West End, analisi e recensione del film al cinema dal 29 settembre
Scene surreali, personaggi eccentrici e colori pastello danno il via a un’indagine nell’indagine, un susseguirsi di scoperte e colpi di scena che procedono a ritmo serrato in una perfetta “lettera d’amore per la settima arte”.
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Parte con questa premessa la scherzosa e brillante opera prima di Tom George, regista che in Omicidio nel West End ci propone un viaggio nell’elegante Londra degli anni Cinquanta con la risoluzione di un giallo alternativo che ne sconvolge e scardina tutti i canoni.
Londra, 1953. Il celebre St Martin’s Theatre sta per mettere in scena la centesima rappresentazione di “Trappola per topi” di Agatha Christie, quando nella mente del visionario regista americano Leo Kopernick (interpretato da Adrien Brody) nasce l’idea di trasformare l’opera in un lungometraggio.
L’artista corre quindi dal produttore John Woolf (Reece Shearsmith) per ottenere il permesso di realizzare il suo adattamento cinematografico. Più di un imprevisto, però, complicano lo svolgimento del progetto bloccato da una strana clausola: il film potrà essere realizzato solo dopo sei mesi dall’ultima replica. Si tratta certamente di un periodo di tempo troppo lungo per il povero Kopernick che, nel frattempo, viene ucciso nel dietro le quinte del teatro.
Ad indagare sulla sua misteriosa morte sono due improbabili agenti agli antipodi tra loro. Da una parte il disilluso e ruvido ispettore Stoppard (col volto di Sam Rockwell), dall’altra l’entusiasta e grintosa agente Stalker (interpretata dalla versatile Saoirse Ronan), qui alla sua primissima indagine. Tutti i personaggi sono possibili sospettati, e il vero colpevole non è mai quello che sembra.
Ce ne accorgiamo sin dalle primissime scene del film quando, rotta la quarta parete dal regista che si rivolge direttamente allo spettatore, la macchina da presa inizia a spostarsi dal palcoscenico al dietro le quinte. A finire sotto i riflettori non sono quindi i personaggi del romanzo “Trappola per topi“, ma gli attori che li interpretano.
Ciò fa della sceneggiatura firmata da Mark Chappel un geniale escamotage in grado di citare ed omaggiare un grande classico della letteratura attraverso personaggi e situazioni del tutto nuovi e originali.
Gli omaggi, però, si estendono anche al mondo del grande schermo grazie all’ambientazione e alla cura dei dettagli che richiamano alla mente dei più sensibili l’inconfondibile stile di Wes Anderson. Chi credeva quindi il cinema giallo avesse esaurito tutte le sue sfumature in film come Assassinio sul Nilo di Kenneth Branagh, o con Cena con delitto di Rian Johnson, si sbagliava.
Con Omicidio nel West End il risultato è diverso e innovativo. Ci troviamo davanti a un film intrigante e scorrevole che, tuttavia, proprio grazie al suo mix di comicità e crime in perfetto stile british alla fine ci sfida a catturare più l’ironia dei personaggi che il vero colpevole.
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