
Riverdale 2×03 “the Watcher in the Woods” – recensione:
La terza puntata della seconda stagione di Riverdale, The Watcher in the Woods, prende in prestito il titolo da un film del 1980 tratto dall’omonimo romanzo di Florence Engel Randall (in italiano Gli Occhi del Parco), prima produzione con ambientazione horror della Walt Disney: il compositore Paul Curtis si trasferisce con la famiglia nell’antica villa gotica della Sig.ra Alywood, un luogo dove accadono cose inspiegabili a causa di un segreto risalente a trenta anni prima.
Nella casa degli orrori gli specchi riflettono immagini irreali, gli oggetti non si trovano dove dovrebbero e i protagonisti, prigionieri della paura, si trovano immersi in una nuova realtà priva dei normali riferimenti. Cosa succede se ci si addentra nel buio? La voce di Jughead (Cole Sprouse) ci ricorda che i bambini, o forse gli adolescenti ancora puri di Riverdale, non dovrebbero andare nei boschi da soli perché non sanno che cosa potranno trovare abbandonando le vie familiari attorno alle loro case.
Il bosco reale riserva il peggio a Moose e Midge, che vengono aggrediti dal misterioso Angelo della Morte e anche Kevin, che cerca di placare le sue inquietudini tra il silenzio dei sentieri notturni non fa altro che accettare il rischio ed estraniarsi dalle persone che gli sono più vicine.
Archie (JK Apa) e Jughead si trovano invece ad attraversare la foresta metaforica. Il primo adescato da Hiram Lodge, il misterioso padre di Veronica, che utilizza la figlia per arrivare al ragazzo e far leva sulle buone intenzioni che lo spingono a creare il Cerchio Rosso per “aiutare” la polizia nel difficile compito di catturare il giustiziere mascherato.
Se inizialmente lo scopo dell’organizzazione è solo difensivo, dopo il colloquio tra uomini a casa di Veronica (Camila Mendes), le intenzioni di Archie cambiano, come il suo linguaggio e i suoi metodi: se da una parte sfida il criminale ancora in libertà, dall’altra non intende più affidarsi alla deludente autorità tradizionale. Del resto, il nome che Archie sceglie per il suo “esercito” trae spunto dall’omonimo romanzo del geniale Edgar Wallace, dove Il Cerchio Rosso è proprio una banda di criminali senza scrupoli.

Jughead deve invece fare i conti con la dura realtà del liceo di periferia dove ha deciso di ricominciare a studiare. Il “lupo solitario”, che cerca immediatamente di riportare in vita il giornalino del liceo per avere uno spazio in cui poter concretizzare il suo impegno per la giustizia, si rende conto che non può per il momento sottrarsi alle Vipere: chiedere aiuto a una gang significa creare un legame con essa quasi impossibile da spezzare.
Così, mentre emblematicamente Polly lascia Riverdale perché si sente minacciata dal giustiziere che vuole ripulire la città dai peccatori (del resto chi più di lei, ragazza madre incinta di suo cugino può incarnare la vittima ideale?), ciascuno dei protagonisti ritrova la strada di casa, ma non può dimenticare ciò che ha visto nel bosco.
E’ di nuovo Jughead che ci ricorda quanto raramente le favole abbiano un vero lieto fine, insinuando che ormai è troppo tardi per recuperare l’innocenza perduta. Il lato oscuro che esiste in ciascuno di noi deve prendere necessariamente il sopravvento quando la tragicità della vita ci spezza, quando la paura ci spinge a rispondere seminando nuovo terrore.
Forse sarebbe meglio ascoltare gli avvertimenti dei grandi, quando sconsigliano ai bambini di andare nel bosco da soli. Ma chi di noi non preferisce agire come Veronica, che non capisce quanto gli ammonimenti della madre servano a proteggerla?
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