Westworld 2×03 “Virtù e fortuna”
Virtù e fortuna, titolo del terzo episodio della seconda stagione di Westworld cita a uno dei testi più importanti e rappresentativi del pensiero filosofico occidentale, ovvero a Il Principe di Niccolò Machiavelli, trattato politico che pur essendo stato scritto nel 1513 non ha perso in attualità.
Il riferimento preciso è ai capitoli VI, VII e VIII, dove si parla appunto della virtù e della fortuna come categorie fondamentali che occorrono a chi aspira a governare uno stato nuovo “E perché questo evento di diventare di privato principe, presuppone o virtù fortuna, pare che l’una o l’altra di queste dua cose mitighino in parte molte difficultà” *(…). Oltre alle competenze proprie (virtù), al Principe occorrono anche eventi esterni favorevoli (fortuna), che lo aiutino nella conquista del potere, se necessario, anche con la forza più brutale.
Queste parole “antiche” forniscono una possibile chiave di lettura della storyline di Dolores, che continua il suo viaggio e le sue stragi. L’intento dell’Host è chiaro: dominare Westworld (e probabilmente non solo), creare quel nuovo mondo di nuove persone vagheggiato da Ford nel finale della prima stagione.
La violenza in questo caso è giustificata in quanto gli Hosts non avrebbero nessuna possibilità di sopravvivere senza combattere. La vittoria finale deve passare necessariamente dal caos per ripristinare un ordine nuovo, dall’abbattimento del nemico, ma anche di colui che dovrebbe essere amico perché, sempre per seguire Machiavelli “lo introduttore ( del nuovo ordine) ha per nimico tutti quegli che degli ordini vecchi fanno bene e ha tepidi difensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene; la quale tepidezza nasce parte per paura delli avversari che hanno le leggi dal canto loro, parte dalla incredulità”* che deriva dalla mancanza di certezze rispetto quello che dovrà venire.
Dolores sa, vede, non così Teddy, che la segue incredulo e libera coloro che lei ha ordinato di giustiziare, e nemmeno i loro alleati, che difendono “tiepidamente” la causa e vengono letteralmente immolati sul campo di battaglia da una Dolores glaciale che sa che la violenza in questa fase non è solo inevitabile, ma persino “virtuosa”, un passaggio necessario per arrivare allo stato di diritto.
La guerra dunque diventa un percorso di iniziazione, un terreno sul quale imparare a volgere a proprio vantaggio le situazioni più diverse e arricchire le proprie “virtù” o capacità politiche e di comando. Il percorso di Dolores in questo senso è ancora tutto da scrivere e probabilmente, nella lettura de Il Principe è indicata una possibile via.
Il percorso “filosofico” e interiore di Dolores si contrappone ancora una volta a quello “esteriore” di Maeve, che riunisce la sua singolare armata composta da Hector, Felix, Lutz, una spettacolare Armistice e Sizemore per l’esplorazione del mondo tangibile alla ricerca di sua figlia. Proprio durante questo girovagare, lo “scrittore” dei filoni narrativi in cui gli hosts per così tanto tempo sono stati imprigionati, rivela come le loro personalità in fondo riflettessero quelle dei loro creatori e come l’emancipazione da quei dialoghi e da quelle attitudini sia completa, ma non del tutto.
Cercando nei suoi ricordi Maeve cammina, esplora e si ritrova probabilmente ai confini di un nuovo mondo, dove la rivoluzione dilaga: Westworld non è che un frammento del mondo in fiamme. Il finale si ricollega idealmente alle scene iniziali, che descrivono la maestosa serenità dell’India, dove una giovane donna per sottrarsi alla violenza di una tigre fuori controllo sconfina nel selvaggio west.
- Niccolò Machiavelli, Il Principe, Universale Economica Feltrinelli, 2017
Lascia un commento